mercoledì 27 marzo 2024

Pasqua 2024 - FRANCIGENA DEL SUD, da SANTA MARIA DI LEUCA a LECCE


Quest’anno la Pasqua è… alta o bassa? Non l’ho mai capito… e quindi è la stagione giusta x andare in Puglia a fare un cammino che meditavo da tempo e che non si può assolutamente fare d’estate. Si tratta dell’ultimo pezzo della via Francigena del sud, da Lecce a Santa Maria di Leuca, anche se noi la facciamo al contrario, per questioni logistiche cioè di trasporti che sul tacco d’Italia non sono proprio agevoli.

A questo punto occorre assolutamente fare una parentesi di storia. La cornice è quella delle vie di pellegrinaggio medievali che portavano i credenti nei luoghi sacri della cristianita’: Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostela. La via Francigena nasce con Sigerico, vescovo di Canterbury, che nel 990 percorre la strada che l’avrebbe portato a Roma e ne scrive un diario, lasciando quindi traccia dell’itinerario. Alcuni pellegrini avevano però anche il desiderio di proseguire verso Gerusalemme; quindi si dirigevano verso la Puglia dove si imbarcavano per la Palestina, generalmente nel porto di Brindisi. Da qui la Francigena del sud, anche se poi è proseguita fino alla Finis Terrae pugliese, cioè Santa Maria di Leuca.

Quest’anno a Pasqua sono quindi tornata ad essere una pellegrina, dopo l’ultimo Santiago di qualche anno fa. In passato avevo fatto dei pezzi della Francigena, in terra Toscana. La ciurma è quella di Pasqua dell’anno scorso, sulla via degli Dei; Damiano non ha voluto/potuto unirsi a noi e quindi siamo io, Carlotta e Federica.

Raggiungere la Puglia è quasi un viaggio della speranza. La prima tappa è il treno notturno che parte da Milano Centrale alle 21.15 e arriverà a Lecce domattina alle 10. Oggi è il 27 marzo e il nostro cammino quindi partirà giovedì 28.

Devo dire però che l’esperienza di dormire in treno mi piace assai. È anche questo un modo abbastanza dolce di arrivare il loco, senza fretta e percorrendo, con ritmi più pacati rispetto all’alta velocità o addirittura al volo, i km che ci separano da casa. E poi mi ricorda il mio viaggio in Transiberiana. Il treno è un mezzo di locomozione che mi si addice quando sono in vacanza. L’esperienza con Trenitalia non è stata male: cuccette nuove, colazione servita in cuccetta, treno puntuale. E poi c’è la figura dell’accudiente, che è la persona che si occupa del viaggiatore. Nella cuccetta del viaggio di andata c’è un ragazzo che scende a Bari, per nulla molesto.

Un’altra mia compagna di viaggio di quest’anno è una borraccia che si chiama Air Up. Tu la riempi d’acqua e aggiungi, attorno al boccaglio, una cosa che si chiama drop che è aromatizzato e che contiene sostanze naturali. Grazie all’olfatto retro nasale si gusta l’acqua del sapore prescelto anche se alla fine bevi solo acqua!


1 giorno - 28 marzo - Gagliano Leuca- Santa Maria di Leuca- Gagliano a Leuca- Tricase, circa 20 km

Giusto perché poco sopra avevo scritto che Trenitalia è puntuale… arriviamo a Lecce con 47 minuti di ritardo. Sempre meglio di un Frecciarossa che ieri sera da Centrale partiva x Torino con 240 minuti di ritardo… anyway, non lo sappiamo ma l’avventura di oggi deve ancora iniziare.

La nostra organizzazione prevedeva un bus in partenza da Lecce che ci avrebbe portate a Santa Maria di Leuca, nostro punto di partenza. Invece scopriamo che quel bus esiste solo d’estate. La prima ipotesi è un taxi, ma dopo la proposta di 100€… anche no. Allora torniamo alla nostra Trenitalia che qui in Puglia ha le vesti di FSE (Ferrrovie Sud Est). L’unica possibilità è un treno che ci porta a Gagliano Leuca in più di due ore. Ferma a tutte le stazioni, non tanto per far salire/scendere i pochi passeggeri ma per aspettare il treno che arriva dall’altra direzione. Insomma, un altro treno della speranza…


Arrivate a Gagliano Leuca, ci aspettano circa 7km di cammino per arrivare al nostro km. zero, da cui poi dovremmo… iniziare il nostro cammino e tornare indietro fino a Tricase! E così facciamo. Seguiamo l’itinerario e incrociamo gli unici camminatori di oggi: un gruppo di svizzeri ticinesi che oggi ha fatto Tricase-Leuca ma poi col bussino (che trasporta anche i loro bagagli) si fanno portare a Gallipoli.

Tutta questa parte di tragitto attraversa i campi soprattutto di ulivi, alcuni curati molto bene o appena arati, il cui terreno spicca per il colore rosso. Un’altra caratteristica di questi territori sono i muretti a secco che separano i terreni. Con le stesse pietre ci fanno delle costruzioni, che ricordano i nuraghi sardi, probabilmente a mo’ di capanno. Alcuni invece sono stati ristrutturati e integrati in una abitazione moderna.

Oggi tutta la tappa è stata accompagnata da un sole caldo e un venticello piacevole.



Arriviamo quindi a Santa Maria di Leuca, anche se non andiamo al paese ma al faro. Qui si trova anche il km. 0, come quello di Finisterre a Santiago. Sosta breve e dobbiamo già ripartire. Ci aspetta un lungo cammino ed è già pomeriggio inoltrato. Arriviamo all’altezza di Corsano e ci mancano circa 7 km per arrivare a Tricase. Dovendo attraversare solo dei paesi e avvicinandosi la notte, decidiamo di fare l’autostop. Dopo un po’ ci carica una signora carinissima che ci porta davanti al b&b, mentre il sole cala e il tramonto si colora di un rosso e un giallo incredibili.

Tricase è un paesino con un centro storico molto carino e pittoresco. C’è una bella piazza quadrata e su un lato c’è in ristorante dove stasera ho avuto una delle esperienze gastronomicamente più mistiche di sempre. La locanda del levante è un ristorante ricavato da una stalla. Assolutamente da provare.


Secondo giorno - 29 marzo- Tricase- Vignacastrisi- Cocumola, 22 km.

Usciamo da questo simpatico paese e prendiamo un sentiero che ci avvicina alla costa. Per buona parte infatti il sentiero segue il mare, anche se non sempre la vista sul mare è possibile. Ogni tanto si incrociano delle torri saracene, messe a guardia di Otranto - sembra- non tanto dai pericoli della costa ma delle incursioni da terra.


Ad un certo punto però arriviamo sopra un promontorio con una vista che spazia su tutta la costa. A sinistra vediamo l’abitato di Castro. Mentre ci godiamo il paesaggio su una bella panchina messa all’uopo (fortunatamente qui non è ancora arrivata la moda delle big bench perché questo sarebbe il posto ideale…), arriva una scolaresca delle scuole superiori accompagnata da alcuni insegnanti. Che bello vedere dei ragazzi e delle ragazze che scoprono il loro territorio camminando! L’anno prossimo il loro obiettivo è Santiago! Oggi abbiamo incrociato altri due o tre piccoli gruppi di camminatori, ma veramente poche persone.


Quella di oggi è una tappa bellissima. Passiamo da campi di ulivi, alberi di eucalipti, orti perfettamente curati delimitati dai tipici muretti a secco, un sacco di fiori di ogni tipo e colore e profumi…camminiamo per lo più su strada sterrata, non ci sono suoni della civiltà e i sensi sono impegnati solo ad ascoltare la natura.


All’altezza di Marittima facciamo la pausa pranzo. Siamo circa a metà tappa, fa caldo ma c’è un po’ di venticello, fortunatamente. A fine giornata saremo tutte un po’ ustionate e io finalmente inizio la stagione del polpaccio a strisce.

Il paese successivo è Vignacastrisi, che in teoria sarebbe il fine tappa ma noi abbiamo deciso di proseguire fino a Cocumola per accorciare la tappa di domani. Arriviamo abbastanza provate e quindi concediamo sulla piazza della chiesa un meritato riposo ai nostri piedi. Affrontiamo gli ultimi km che ci separano al nostro albergo a Cocumola. All’arrivo il receptionist non sembra tanto in bolla e chiama subito il boss x capire cosa deve fare con noi…

Per cenare andiamo al paese vicino. Un altro km e mezzo come minimo, giusto x concludere la giornata. Arrivati in paese troviamo la processione. È venerdì santo. Portano una statua (non sappiamo bene se di Gesù o qualcun altro) e c’è anche la banda. I lati della strada sono illuminati con le lanterne. I rituali della semana santa qui sono ancora molto sentiti. 

Terzo giorno- 30 marzo - Cocumola- Otranto, km. 20

All’uscita da Cocumola troviamo uno della Polizia Locale che ci chiede se va tutto bene. Ci vede andare dalla parte opposta… ma noi la facciamo al contrario, quindi tutto a posto. La notte in albergo è stata un po’ movimentata. Verso mezzanotte sentiamo a pianoterra cantare a squarciagola, tipo karaoke. La mattina dopo scopriamo che un gruppo di amici usa trovarsi al ristorante dell’albergo e, per concludere la serata, si diverte appunto con  il Karaoke… 

Tappa a mio parere bellissima. Uscite dal paese ci inoltriamo nella campagna. Il sentiero oggi prevede l’attraversamento di un solo paese, Uggiano La Chiesa, pochi km dopo la partenza. Nella piazza del centro prendiamo un caffè, poi cerchiamo una panetteria dove recuperiamo il pranzo (alla cifra di 3,50€!) La tappa di oggi prevede un lungo avvicinamento al mare, avvicinamento che però attraversa un paesaggio e una natura veramente unici: qualche vigneto, poi i soliti uliveti, costeggia alcune masserie bellissime con campi infiniti. Il verde è di vari colori, a seconda della coltivazione, e spicca sul rosso della terra. Il mare sappiamo che è lì dietro ma non lo vediamo. Ci incrociamo anche con un pallone bianco che scopriamo essere un radar dell’aeronautica militare.


Le uniche persone che troviamo sul sentiero sono raccoglitori di asparagi selvatici. Evidentemente è una tradizione da queste parti. Peraltro crescono solo in mezzo ai rovi ma nessuno ha un guanto di protezione. Inoltre siamo le uniche persone in maglietta, tutti sono vestiti come se fosse ancora inverno. Oggi il sole è veramente caldo, ci salva come sempre il vento.

Ad un certo punto qualche dolore e la stanchezza inizia a farsi sentire, quindi ci fermiamo a lato di una strada sterrata, in un campo dove avevamo appena visto un gregge di pecore. Abbiamo trovato lungo la strada infatti delle aziende agricole che fanno formaggi.

Dopo la pausa pranzo il sentiero taglia la provinciale e scende decisamente; raggiungiamo così una ex cava di bauxite. È fatta da una sorta di calanchi rosso intenso e un laghetto dalle acqua limpide; qui troviamo qualche turista perché sembra essere l’attrazione della zona. 



Proseguiamo sul sentiero anche se ci costringe ad una deviazione su strada per evitare un tratto pericoloso.


Finalmente raggiungiamo il mare, prima all’altezza di Capo d’Otranto, dove c’è il resto di una torre, e poi giù fino alla Marina di Otranto. Anche oggi siamo arrivate.


Ma il premio finale di questa bella tappa è decisamente l’albergo che abbiamo scelto ad Otranto, una dimora storica in centro, un trattamento di cui stasera abbiamo decisamente bisogno.

Anche il dopocena ci riserva delle sorprese, in particolare un posto molto pittoresco dove facciamo l’aperitivo: L’Ortale, ristoro (sa)lentissimo, che si definisce percorso emotivo e sensoriale. Il barista è veramente originale. Fa provare a Carlotta una serie di gin e acque toniche solo x fare un solo gin tonic e a me prepara uno spritz molto particolare. Usciamo entrambe mezze ubriache… andiamo a cena in una trattoria consigliata dal barista e in effetti ci va bene, anche perché è dietro l’angolo. Posto tranquillo e familiare, orecchiette alle cime di rapa superbe.

Quarto giorno - 31 marzo-  Otranto- Palmariggi- Martano, km. 12

Prima di lasciare Otranto, facciamo colazione davanti al mare. Oggi è una bella giornata qui al mare, ma poi avanti prevarrà un po’ di foschia e soprattutto vento molto forte.


Il paesaggio oggi è completamente diverso. In un primo tratto scompare la terra rossa ed emerge qua e là roccia calcarea. Appena fuori Otranto sono infatti presenti molti ipogei o grotte che si vedono a occhio nudo dal sentiero. Percorriamo un territorio molto più selvaggio e aspro. Gli unici segni di presenza umana sono alcuni vigneti ma soprattutto uliveti, alcuni di piantumazione molto recente. Moltissima inoltre la varietà di fiori spontanei presenti nei prati.


Arriviamo al primo paese, Giurdignano, dove facciamo la sosta caffè. Lasciata questa ridente località, inizia un percorso che attraversa il Giardino Megalitico d’Italia, caratterizzato dalla presenza di dolmen e menhir, dall’origine non chiara ma sicuramente riutilizzati in epoca medievale per riti cristiani.



Arrivati a Palmariggi Carlotta decide che il dolore alla tibia, che ormai si trascina praticamente dal primo giorno, ha bisogno di essere attenzionato seriamente; sentiti tutti gli specialisti possibili l’unica risposta è il riposo. Quindi chiamiamo il gestore del b&b di stasera e ci facciamo venire a prendere. La tappa di oggi finisce qui. Accompagniamo Carlotta alla stazione di Lecce dove stasera prenderà il treno x Milano  e noi torniamo a Martano, dove avevamo già previsto di dormire. Qui ci aspetta una sorpresa perché il b&b è in realtà una dimora storica bellissima. Gli spazi comuni devono ancora essere sistemati ma potrebbero diventare molto accoglienti. La camera è praticamente un appartamento con i soffitti bassi ad arco. Bellissimo! Mi sembra di capire che quello di adibire delle case antiche in dimore storiche x turisti abbia preso piede qui.

Il gestore, dopo tre anni passati al nord a lavorare in fabbrica, ha deciso di tornare qui e di occuparsi di questo posto. Mi sembra una scelta saggia! Mosso a pietà per il fatto che non abbiamo fatto il pranzo di Pasqua, ci porta gli avanzi della festa dei suoi genitori che ieri hanno fatto 50 anni di matrimonio.

Martano è un paese molto carino, con un bel centro storico. Inizialmente avevamo prenotato la nostra cena di Pasqua in un ristorante che però poi scopriamo essere a un km e mezzo da dove siamo e in periferia. Quindi rinunciamo; dobbiamo riposare per la tappa impegnativa di domani. Dunque optiamo per una osteria a 5 minuti di distanza che ci offre comunque un’ottima cena che sembra uscita dalla cucina della nonna.


Quinto giorno- 1 aprile- Martano- Lecce, 32 km.

Oggi è la giornata più impegnativa di tutte: ci separano 32 km da Lecce, quindi partiamo presto. Approfittiamo della colazione in una pasticceria, offerta dal nostro albergo, e poi ci facciamo consigliare e andiamo in un negozio di alimentari, aperto oggi Pasquetta, gestito da due signori carinissimi che ci preparano con amore e dedizione due fantastici panini. Si parte. I primi 13 km sono tutti senza vedere l’ombra di un paese. Costeggiamo una serie di masserie, alcune che sembrano serbare dei trattamenti very luxury, altre abbandonate. Qui gli ulivi imperversano e ricoprono tutto il territorio. Ogni tanto si incrociano anche degli oleifici. Numerosissimi gli edifici in pietra in mezzo agli uliveti. Ogni tanto troviamo qualche lecceta a farci da ombra ma per tratti brevi; il resto è tutto sotto il sole.



Finalmente arriviamo a Vernole, che ha una piazza con un certo movimento. Facciamo una sosta in un bar dove veniamo intercettate da uno che ha fatto il cammino di Santiago e ci chiede informazioni su cosa stiamo facendo. Ormai abbiamo capito che questo cammino è poco frequentato e anche i pugliesi sono un po’ confusi sul quando farlo: non farlo adesso perché non ci sono servizi ma non farlo d’estate perché fa troppo caldo… mah…alcune persone che incrociamo pensano che noi stiamo facendo il cammino del Salento, che va da Lecce a Santa Maria di Leuca e ha due varianti, del Mare o dei Borghi. Probabilmente alcune parti coincidono.

Lasciamo Vernole e ci dirigiamo verso Acaya, paese molto turistico perché ha uno dei castelli meglio conservati del Salento. In effetti il castello e le sue mura racchiudono una bella piazza. Apprezzabile.


I 10 km che dividono Acaya da Lecce sono una vera sofferenza. Il caldo si sente, nonostante il vento soffi molto forte, e la strada è tutta su asfalto… sobh… peraltro dobbiamo passare da un paese veramente bruttino che è Merine e poi tutta la periferia di Lecce.


Dopo 7 ore e 8 minuti e poco più di 32 km arriviamo in piazza Sant’Oronzo, patrono di Lecce. Il centro di Lecce è ovviamente molto affollato. Ci concediamo una coppa di gelato e poi ci avviciniamo alla stazione, attraversando questo bellissimo centro storico.


Alcune cose che mi sono dimenticata per strada…

Martano, il paese che ci è tanto piaciuto, è il paese dell’aloe, ma la storia è assai curiosa. C’è un imprenditore che ha aperto una azienda x sfruttare l’aloe e che darà lavoro a circa una decina di personee ha deciso che avrebbe finanziato la piantumazione di aloe nelle aiuole del paese. Non solo. Ha fatto di tutto perché l’amministrazione comunale sancisse che Martano sarebbe diventata la città dell’aloe e così è stato. Adesso all’ingresso si trova appunto questa scritta e queste piante sono disseminate ovunque. 

Tra il mercoledì delle ceneri e il mezzogiorno di Pasqua viene esposta nei paesi una strega, che a me bustocca ricorda tanto la giobia, che qui si chiama caremma (o quaremma) e che è la moglie di carnevale. Quando muore il Carnevale, il mercoledì delle ceneri appunto, lei viene esposta e poi deve essere bruciata o ribaltata per terra entro mezzogiorno del giorno di Pasqua. Ne abbiamo incontrate alcune nei paesi dove ancora c’è questa usanza.

Cartello pubblico letto in una piazza in cui si chiede di fare un ospedale del Salento, per evitare quelli che vengono chiamati (dal cartello) i “viaggi del speranza al nord”. In effetti conosco molti i cui parenti del sud sono venuti a farsi curare negli ospedali del nord.

Questa è la fantastica cuccetta di Trenitalia dell’Intercity notturno Lecce Milano.


Conclusioni 

La prima conclusione è che non si può pensare di affrontare questo cammino senza usare la app della via Francigena e controllare ad ogni bivio quale direzione prendere. Se anche l’avessimo percorsa nel senso giusto (da nord a sud) i segni presenti (cartelli o frecce gialle) non sarebbero stati sufficienti a portare a termine il percorso senza perdersi n volte.

La seconda è che viaggiare ecologicamente, quindi cercando di usare il più possibile solo mezzi pubblici, è veramente complicato, soprattutto in regioni come la Puglia. Però il viaggio di notte Milano Lecce è stata una bella scoperta.

Ho scoperto che esistono le Dimore storiche, che mi ricordano i Parador in Spagna che però sono veri hotel come dimensioni e molto eleganti. Ma l’idea mi sembra la stessa, e comunque io le dimore storiche adibite ad alberghi in Italia non ne conoscevo.

Inutile commentare il cibo in Puglia… sopra l’immaginazione in qualsiasi categoria di ristorante ti infili…

Affollamento zero, che può essere un vantaggio o uno svantaggio. Però, in effetti, se lo si percorre da soli, si rischia di camminare in solitudine tutto il giorno.

Stagione scelta perfetta. A volte si rischiava addirittura facesse già troppo caldo… a volte il vento un po’ fastidioso.

Persone incontrate mediamente curiose e interessate, anche se un po’ stranite dallo zaino e dai km…non sono ancora abituati ai pellegrini, ma nel complesso ben disposte. Un po’ difficile invece l’autostop…


sabato 19 agosto 2023

19 -26 agosto 2023 Tour del Monte Rosa (TMR)

Dopo due anni dal Tour del Monte Bianco, la squadra di base si ritrova pronta x una nuova avventura: io, Eleonora, Roberto Andri, Mao Inga. A loro si sono aggiunte due donne: Barbara e Antonella e un altro uomo, Mauro. Come la volta scorsa Paolo ci raggiungerà per la parte finale del percorso, non ho ancora capito bene dove…


Prima tappa: Macugnaga (1346 mt.) - Monte Moro (2803 mt) - Saas Almagell (1670 mt)

Km. 14 - dislivello 1125 mt. in discesa

La partenza è la stessa di due anni fa, la pasticceria Lamperti dove facciamo colazione. La prima destinazione è Macugnaga, dove ci organizziamo x il ritorno lasciando le due auto in due posti diversi.

Essendo la prima tappa piuttosto lunga, decidiamo di prendere la funivia che dal centro di Macugnaga ci porta al rifugio Oberto Maroli. Qui saliamo una scala fissata sulla roccia che ci porta al Passo Moro dove si trova una gigantesca statua dorata della Madonna… un po’ più grande, no? questo è il confine tra Italia e Svizzera. A partire dal passo parte una lunga discesa che ci porta ad una diga che chiude il lago di Mattmark. Qui c’è anche una targa che ricorda una tragedia avvenuta nel 1965 in cui si staccò una valanga travolgendo gli operai del cantiere sottostante.

Sia Macugnaga che la valle di Saas sono due simboli del mondo walser, popolazioni che già dal XII e XIII secolo si stabilirono in queste vallate. Nel corso del TMR avremo modo di percorrere i passi che i walser utilizzarono per venire a colonizzare un pezzo delle Alpi italiane, il passo Moro, il passo Teodulo e il passo del Turlo.

A differenza di due anni fa, fin da subito quindi da Macugnaga, abbiamo modo di vedere il Rosa, in particolare la sua famosa parete est. Salendo in funivia si ha modo di ammirare la bellissima chiesa del 1300 e con il famoso tiglio antistante, che vede e osserva la vita di questa comunità da ben 5 secoli.


Scendendo verso il lago abbiamo notato una cosa curiosa: alcune mucche scavano forsennatamente la terra, creando delle buche. Il motivo ci è assolutamente sconosciuto… abbiamo scoperto che sono mucche destinate anche al combattimento per decidere chi prevale nell’alpeggio.

Troviamo il nostro albergo proprio all’inizio dell’abitato di Saas Almagell. Albergo molto confortevole. Ottima scelta. Alla fine la nostra valutazione della cena di Corinne è 8.

Seconda tappa: Saas Almagell (1670 mt) - Saas Fee (1804 mt) - Grachen (1637 mt)

Km. 27 - D+ 1200 mt - 9 ore di cammino


Partiamo dalla pensione e in circa un’ora raggiungiamo Saas Fee, considerata la perla delle Alpi. È un paese carino, fatto di case di legno che sono o alberghi o seconde case, distribuite ai lati del fiume che lo attraversa. Ma la particolarità è che è un paese dove non sono permesse le auto. L’unico modo x circolare, oltre ai piedi e alle bici naturalmente, sono dei piccoli pulmini elettrici generalmente degli alberghi. Molto pittoresco. Già dal paese abbiamo modo di ammirare le vette innevate: Mitschabel, Dom, Lagginhorn.


Dopo aver fatto la spesa x il pranzo, prendiamo il sentiero che ci allontana dal paese e sale in maniera costante. Oggi la tappa è una sorpresa x tutti: dovevano essere 750 metri circa di dislivello in salita e alla fine diventano 1200; dovevano  essere 23/24 km e alla fine saranno 27… il sentiero è molto lungo e ci propone costantemente dei saliscendi che mettono a dura prova la ns resistenza. Il percorso è su una lunghissima cengia, a volte anche molto esposta, e i costoni che alla fine superiamo sono infiniti…
Ogni tot troviamo il cartello “pericolo scottante di cadutto massi”. Bastava Google translator…

L’ambiente però è molto bello e poi, mentre si prosegue, cambia prospettiva e quindi ci si apre davanti la catena dell’Oberalp e la valle del Rodano. Tra le cime riconosciamo: Weissmies, Strahlhorn, Allalinhorn, Alphubel… probabilmente ho mischiato quello che abbiamo visto prima e quello che abbiamo visto dopo, ma va bene così…


Dopo 8 ore di cammino impegnativo, ci troviamo a Hannigalp, dove parte una funivia che porta al paese di Grachen, la nostra meta, facendo risparmiare un’ora di cammino. Io decido di prenderla e di risparmiare almeno quest’ultimo sforzo alle mie ginocchia.  Per arrivare all’albergo devo ancora risalire dal paese x un po’… l’albergo è davanti ad un bel laghetto, molto tranquillo. Rispetto alla cena anche stasera non possiamo lamentarci: ci viene servita la chinoise che (scopro stasera) è come la bourguignonne ma con il brodo invece dell’olio e poi sia con la carne che con il pesce.

Terza tappa: Grachen (1637 mt) - Herbriggen (1300 mt circa) - Europahutte (2220 mt.)

Km. 18 - D+ 1400 (almeno) - cammino 8 ore e mezza

Lasciamo la pensione di Grachen dove a colazione una autentica megera controlla che la gente non si fa i panini per poi imboscarli… attraversiamo il paese ma, rispetto alle guide, dobbiamo modificare il percorso perché quello originario è franato tempo fa. Questo ci obbliga a scendere ancora un po’ lungo la vallata e a perdere quota e soprattutto a non vedere la bella statua di San Bernardo che accoglie e saluta i viandanti.

Come sempre il sentiero è molto bello e attraversa i boschi e ci permette per un po’ di camminare all’ombra. Anche oggi la giornata è molto calda, troppo, e parte della sofferenza è dovuta al caldo quasi insopportabile. Bisogna fare molte soste x rinfrescarsi  e bere; fortunatamente i ruscelli sono molti e la scorta d’acqua non si esaurisce mai. Oggi lo zero termico era 5300 mt…

Fin da Grachen le indicazioni sono per Europaweg, un itinerario escursionistico del Vallese. Il sentiero infatti è molto ben manutenuto e alcuni punti che potrebbero essere ostici da superare sono attrezzati con scale. In particolare notevole un scala che supera un torrente e si innalza sulla parete. 


Raggiunto il paese di Herbriggen il sentiero si innalza in maniera molto decisa e non perde quella pendenza fino a mezz’ora dal rifugio.

L’Europahutte si trova in una bellissima posizione, con una terrazza che si affaccia sulla vallata di Zermatt. Davanti abbiamo la Weisshorn, lo Zinalrothorn con i relativi ghiacciai. A sinistra i Breithorn e il piccolo Cervino.


La cena è da tipico rifugio svizzero: minestra x tutti e per i vegetariani un piatto con riso, curry, zucchine e funghi. Apprezziamo lo sforzo.

Quarta tappa: Europahutte (2200 mt) - Zermatt (1620 mt)

Km. 23,50 - D+ 826 mt - 8 ore 45 minuti

Il sentiero che parte dall’Europahutte scende per un po’ fino ad incontrare una grande valanga di sassi che da qualche anno è stata bypassata da un ponte tibetano lungo quasi mezzo km., che gli svizzeri millantano essere il più lungo al mondo. In effetti è abbastanza impressionante, per percorrerlo tutto ci mettiamo 8 minuti e mezzo. 


Passato il ponte proseguiamo seguendo l’europaweg, il sentiero che ci accompagnerà x tutto il giorno fino a Zermatt. È un sentiero che dopo essere salito rimane all’incirca in costa fino a sopra Zermatt; dico all’incirca perché  qui i sentieri in costa sono un continuo su e giù e non danno mai tregua.

Anche oggi il sole è a picco sopra di noi e rimane una variante non da poco…

Dopo un po’ inizia a sbucare la punta del Cervino e poi il versante del Rosa, con Castore e Polluce, ecc. Il Cervino a questo punto diventa la nostra stella polare.


Facciamo la pausa pranzo in un bel paesino… ma non troppo lunga perché mancano ancora tre ore di cammino. 

Raggiunta Zermatt ci dirigiamo verso il nostro ostello davanti alla stazione dei treni e infatti si chiama Hotel Banhof. Molto carino e accogliente e soprattutto in centro. Anche Zermatt come Saas Fee è un paese  car-free. Chi vuole venire qui può arrivare a Task e poi prende il treno x arrivare in paese, dove si gira solo con taxi elettrici o i pullmini elettrici degli alberghi.

A differenza di Saas Free questo è un paese molto più orientato sul turismo internazionale; ci sono miliardi di boutique e miliardi di cinesi (soprattutto). Anche il ns ostello ne è pieno. Ricorda molto Chamonix, visitata durante il Tour del Bianco.

Prima di cena ci concediamo un aperitivo fuori dall’albergo (con vino, formaggio e patatine portate negli zaini in questi giorni) e poi una “vasca” in paese, giusto x respirare un po’ d’aria internazionale. Dopo aver studiato tutti i ristoranti del posto e aver visto che i prezzi sono diciamo impegnativi, ci fermiamo al ristornate della stazione dove comunque facciamo una buona cena. Domani usciremo dalla Svizzera, paese costosissimo! Con l’aggiunta delle consumazioni i prezzi degli alberghi/rifugi sono lievitati oltremodo.

Quinta tappa: Zermatt (1600 mt) - Furi (1860 mt) - Trockener Steg (2900 mt) - Rifugio Teodulo (3300 mt)

D+ 1700 - km. 13 - ore 5,5

Oggi è il giorno della tappa alpinistica ma prima di arrivare sul ghiacciaio che porta al Passo del Teodulo bisogna farsi 1300 mt di dislivello. Io e Barbara decidiamo che oggi è giornata scialla (più o meno…); quindi mentre gli altri faranno tutto il percorso a piedi, noi due facciamo i 200 mt di dislivello che ci portano al primo troncone di funivia. Con la funivia raggiungiamo quindi Trockener Steg da cui inizia il ghiacciaio. Mentre aspettiamo gli altri, osserviamo tutta la fauna che ci circonda: non solo cinesi con ombrellino ma un sacco di gente il cui unico obiettivo è arrivare fino a qui, anche in ballerine o coi pantaloni in lattex…

La salita in funivia è stata accompagnata dal Cervino che svetta alla nostra destra e sembra sovrastarci. Si vede molto bene il rifugio Hornli, sulla via normale Svizzera. Poi la funivia gira e alla nostra sinistra vediamo il Rosa e tutti gli altri 4mila che gli fanno da corollario.

Arrivato il resto del gruppo e dopo la pausa pranzo, saliamo di poco e poi, indossati i ramponi, risaliamo il ghiacciaio seguendo la pista da sci. Intorno è un tripudio di lavori in corso, ruspe, coperte che coprono la neve o quel che rimane, elicotteri che trasportano materiale su e giù; davanti a noi c’è un intreccio di funivie, ad es quella che sale al piccolo Cervino e quella nuova di zecca che arriva da Cervinia, per collegarla a Zermatt.

Il rifugio Teodulo è giusto sul confine tra Italia e Svizzera ma è del Cai Torino e si paga in euro. Quindi siamo tornati in Italia.


Appena arrivati veniamo subito cazziati dalla rifugista perché siamo saliti non in cordata ma dotati di ramponi/ramponcini. Ci dice che ogni tot deve andare a recuperare qualcuno che è caduto in qualche buco e quindi la corda è necessaria. Noi leggendo qua e là avevamo valutato che bastava una corda per sicurezza (che non abbiamo usato) su una pista da sci costantemente battuta dal gatto delle nevi. Ci prendiamo la ns cazziata e torniamo umili fruitori della natura.

Essendo arrivati presto al rifugio abbiamo tempo di fare un piccolo bucato e lavarci a pezzi. Ovviamente a questa quota niente doccia, niente Wi-Fi ma una sala da pranzo panoramica da urlo! Qui sotto nella foto vedete il profilo della cresta del Cervino.


La cena si svolge con il Cervino a destra e il sole che si abbassa dietro le montagne di fronte a noi.


Peccato che quel rifugio è destinato probabilmente a crollare, visto che il ghiacciaio si sta sciogliendo e la montagna su cui si trova sta cedendo un po’ alla volta…

Sesta tappa: Rifugio Teodulo (3317 mt) - Laghi delle cime bianche (2808 mt) - Pian di Verrà - Rifugio Ferraro (2066 mt)

Km. 17 - D+362 mt - D- 1500 mt

Tutta la prima parte della discesa, dal Rifugio ai Laghi delle Cime Bianche, è sulla carrrozzabile utilizzata dai mezzi che lavorano al cantiere sottostante. Non è molto chiaro (almeno a me) a cosa stiano lavorando ma decisamente stanno facendo qualcosa di imponente… nel frattempo mi sono informata: producono calcestruzzo da trasportare alla funivia del Testa Grigia.


Quindi la prima parte del cammino è molto deprimente… fortunatamente dopo i laghi il paesaggio cambia e diventa una bellissima vallata, con fiumi e ruscelli che scendono da ogni dove. In questo tratto i segnali del TMR si sovrappongono a quelli del GSW, il gran sentiero Walser.

Nel pomeriggio danno pioggia però ci concediamo lo stesso un pediluvio in un bellissimo laghetto. Il sentiero è quasi sempre in discesa ma, nel tratto appena precedente il rifugio, il sentiero si innalza e ci “regala” una salita inaspettata. Però almeno arriviamo giusto 5 minuti prima che arrivi un breve temporale.

Il rifugio è gestito da un gruppo di giovani molto efficienti. La cena è molto buona (io direi voto 9) e l’accoglienza pure. Sembra un rifugio abbastanza frequentato, non solo ovviamente da quelli del TMR. Incontriamo una signora che avevamo già visto al Teodulo, svizzera tedesca, sola, probabilmente sopra i 60, molto tonica!

L’abitudine che di solito si crea quando si fa un cammino, cioè quella di incontrare le stesse persone nel corso delle tappe, nel nostro caso non è stata molto frequente; non so se è stato il caso o forse non sono poi così tante le persone che fanno il TMR.

Oggi ci hanno raggiunto Paolo (conoscenza del TMB) che concluderà con noi il tour e Federica, moglie di Andri, che purtroppo domani torna a Champoluc.

Settima tappa: Rifugio Ferraro (2066 mt) - Colle Bettaforca (2675 mt) - Sant’Anna - Stafal (1818 mt.) - Passo dei Salati (2936 mt)- Alagna (1191 mt)- Rifugio Pastore (1575 mt)

D- 1800 D+600 km. 6,8 +9km

Lasciamo il rifugio Ferraro e iniziamo una salita rapida sotto la funivia fino al Colle Bettaforca. Lungo la salita salutiamo Federica che torna a valle e in città , portando con sé ramponi e corda, così almeno per due giorni abbiamo un peso in meno.

Poi invece si inizia a scendere, sempre lungo una strada carrozzabile fino alla località Sant’Anna, appena sopra Staffal/Gressoney. Decidiamo di fare quel pezzo in funivia perché nel pomeriggio forse ci insegue un temporale e quindi è meglio accorciare i tempi.

Come già previsto, considerato che oggi dobbiamo passare dalla valle d’Ayas (Champoluc), alla valle del Lys (Gressoney) alla Valsesia (Alagna), prendiamo gli impianti che da Stafal, passando per Gabiet, arrivano al Passo dei Salati, a 2936 mt. Ormai abbiamo lasciato il Cervino che per un po’ ci aveva accompagnato di fianco al Rosa. Infatti questi due Tour si incrociano per un po’. Adesso abbiamo “solo” il Rosa con le sue vette che cerchiamo di riconoscere a mano a mano che ci giriamo attorno.

Qui alcuni di noi (io, Barbara e Antonella) valutiamo che 1400 metri di dislivello in discesa sono troppi per le nostre giunture e quindi arriviamo con comodo ad Alagna tramite la funivia. Qui inaspettatamente io trovo la mia amica Giovanna che qui ha casa e Barbara una sua amica di infanzia. Dopo ci dirigiamo verso il rifugio Pastore dove passeremo la notte, prima a piedi e poi con la navetta per evitare asfalto inutile. L’ultima mezz’ora attraversa il bosco. Durante il tragitto ci concediamo una sosta alla casa del Parco dell’alta Valsesia, con una serie di animali imbalsamati, e infine raggiungiamo il Pastore.

Insomma, oggi per alcune di noi è stata giornata abbastanza scialla, per gli altri invece è stata decisamente più impegnativa. Ma domani ci aspetta un’ultima tappa importante che non si può bypassare in nessun modo e quindi meglio essere in forma.

Il rifugio Pastore ci riserva una cena strepitosa che merita l’unico 10 del TMR! È talmente abbondante che rotoliamo in camera… durante la cena si scatena un temporale notevole che poi prosegue anche durante la notte. Avevamo visto che il tempo era in peggioramento e domani rischiamo di prendere maltempo in discesa. Quindi si parte un po’ prima e poi si vedrà… è comunque l’ultima tappa: il bucato non deve asciugare e dobbiamo tornare a casa.

In serata arrivano due ragazzi che stanno facendo il Sentiero Italia. Sono partiti circa un mese fa da Trieste. Nonostante il temporale dormono all’aperto però almeno sotto una tettoia. Evidentemente devono risparmiare…

Ottava tappa: Rifugio Pastore (1575 mt) - Passo del Turlo (2738 mt)- Macugnaga (1200 circa)

Km. 22 - D+ 1133 - D- 1460 - tempo 8 ore 30 minuti


Ultima tappa! Oggi è la giornata del Turlo! Avevo proposto questa gita in sociale l’anno scorso, da Macugnaga ad Alagna. Oggi la farò al contrario. Foto di rito al rifugio con il Rosa dietro e si parte!

Al mattino il tempo sembra tenere e la salita è molto bella; seguire questo serpente in pietra che sale lentamente e gradatamente permette di camminare sulla storia, la storia dei Walser che per primi aprirono questa “porta” di passaggio e degli alpini che hanno sistemato questo sentiero negli anni ‘20-‘30 del secolo scorso, posizionando una serie di pietre a mo’ di gradini.


La temperatura oggi è decisamente più fresca e quindi si cammina più spediti. In tre ore siamo al passo del Turlo a 2738 metri, dove tira un’arietta fresca… il tempo di fare la foto e scendiamo.


Il maltempo ormai ci insegue, le nuvole ci stanno addosso. Il tempo di raggiungere il nuovo e bel bivacco Lanti, circa 600 metri più sotto, e inizia a piovere. Il bivacco almeno ci concede un riparo per la pausa pranzo. Indossati coprizaino e giacca riprendiamo la discesa che è decisamente più lunga sul lato della val Quarazza, cioè di Macugnaga, sia in termini di sviluppo e quindi di km che di dislivello.

La pioggia ci accompagna più o meno per tutta la discesa, lungo la quale incontriamo fiumi decisamente ingrossati e i resti delle miniere d’oro che qui hanno dato lavoro fino agli anni 40-50. In località Lago delle Fate c’è un insediamento chiamato “città morta”. Non ci sono più minatori ma c’è una bacino con rifiuti tipo arsenico e altre cose simpatiche…

La lunghissima discesa finalmente finisce in località Iselle, dove recuperiamo un’auto e poi anche la seconda. Ci concediamo una sosta in una pasticceria di Macugnaga e chiudiamo questo TMR con la foto di rito nella piazza. 

Cosa dire di questo tour del Monte Rosa? Decisamente è stato più faticoso e impegnativo di quello del Bianco, tappe più lunghe, dislivelli più impegnativi e sicuramente il fattore caldo che ha inciso non poco, anche se ci ha permesso di godere del bel tempo praticamente x tutto il cammino.

Avere buona parte del Tour in territorio svizzero ha decisamente influito sul budget. 

Ma la conclusione vera è che camminare in compagnia è più bello che camminare da soli.


sabato 5 agosto 2023

Agosto 2023 - Ravenna e il Delta del Po

Prologo. Qualche giorno fa sono andata con un amico a fare una perlustrazione nel Parco del Monviso e non ho ovviamente mancato di andare a vedere le sorgenti del Po, in località Pian del Re. Oggi, a distanza di qualche giorno, mi ritrovo invece alla foce di questo fiume che, quando inizia ad essere popolato, è chiamato Eridano.

Da qualche anno non venivo a farmi qualche giorno al mare dalla mia amica Cristina, che ha la casa sulla riviera romagnola in località Marina Romea, ancora nel comune di Ravenna. In questi giorni il meteo non è decisamente favorevole alla discesa in spiaggia, in poche parole piove. Decidiamo quindi di darci al turismo. La prima tappa, già programmata a casa, sono i famosi mosaici di Ravenna, che io vidi una volta in maniera superficiale. Questa volta decido invece di aderire all’iniziativa Mosaici di notte, perché la visita guidata si tiene alla sera.


Prima dell’appuntamento ci dedichiamo quindi a un po’ di shopping nel centro storico e soprattutto ad un aperitivo. Anche qui a Ravenna, come ho già visto (con ottimi risultati) a Milano e Firenze con i Mercati Centrali, hanno ristrutturato il vecchio mercato coperto che adesso è diventato un luogo di degustazione di piatti tipici e anche - credo - per conferenze o incontri. Ci infiliamo quindi in questo bellissimo edificio e tra la piadina (con una serie infinita di farine) e il pesce, scegliamo quest’ultimo, fritto e servito con un ottimo vino bianco locale. Ora siamo pronte per la cultura.


La città di Ravenna ha una storia veramente lunga e maestosa, che parte dal 5 secolo d.C., quando era capitale dell’Impero romano d’Occidente, poi del regno Goto di Teodorico e poi dell’Impero bizantino fino all’8 secolo quando fu espugnata dai Longobardi, per infine diventare parte dello Stato della Chiesa fino all’Unita’ d’Italia. 

Non si può inoltre dimenticare che questa è la città dove Dante ha vissuto i suoi ultimi anni e infatti anche la sua tomba si trova in questa tutto sommato circoscritta parte della città dove si trovano i principali monumenti. Ravenna era la città della famiglia Da Polenta, la cui figlia Francesca fu data in sposa,  per alleare le due famiglie, a Gianciotto Malatesta. Come dimenticare i due amanti Paolo (fratello di Gianciotto) e Francesca uccisi dal marito/cognato e descritti magnificamente dal Poeta nel V canto dell’Inferno. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse…

La nostra visita guidata comprende: il Mausoleo di Galla Placidia, la Basilica di San Vitale, il museo Nazionale e la domus dei tappeti di pietra.

L’abside della Basilica di San Vitale è coperta di mosaici fatti in vetro o materiali preziosi. A febbraio sono stata a Palermo e anche lì ho avuto modo di vedere delle opere incredibili (tra tutti il Cristo Pantocratore di Monreale) ma questi non sono da meno con la qualità dei particolari e i colori vivissimi. Quello che caratterizza non solo questa chiesa e non solo questa città ma tutte le città e i monumenti della zona è l’acqua, a causa delle presenza di falde acquifere sottostanti, il rischio di infiltrazioni, il cedimento dei pavimenti e ultimamente anche le alluvioni causate dai cambiamenti climatici.

Il mausoleo di Galla Placidia fu ordinato dalla figlia di Teodosio e sorella dell’imperatore ma poi non vi fu mai sepolta. È un piccolo gioiello anch’esso mosaicato e con una volta stellata unica.


Dopo un giro abbastanza veloce al museo nazionale chiudiamo la nostra visita con uno dei massimi gioielli artistici della città, una domus romana trovata durante lo scavo di un parcheggio, completamente coperta di mosaici (i tappeti di pietra, appunto), dove è possibile vedere la suddivisione degli spazi casalinghi, persino l’impronta del cane di casa. Anche questo sito mi riporta ad un ricordo siciliano, la villa romana del casale a Piazza Armerina.

Il giorno successivo piove ancora e quindi la spiaggia rimane lontana. Appena sembra spiovere, nonostante rimangano in lontananza grigi nuvoloni minacciosi, partiamo destinazione Comacchio.


Innanzitutto scopro che il Delta del Po è una zona vastissima che comprende parte del Veneto e parte dell’Emilia-Romagna e ora è una riserva di Biosfera riconosciuta dall’Unesco. È la nostra meta di oggi è solo uno dei 7 Delta del Po che viene chiamata le valli di Comacchio (provincia di Ferrara).

La storia di Comacchio affonda nel tempo antico, in quanto situata in una zona strategica per i traffici commerciali verso l’Oriente. Nel corso dei secoli qui si sono stabilite le antiche popolazioni italiche, prima gli etruschi che fondarono la città di Spina, di cui rimangono degli scavi archeologici i cui reperti sono a Ferrara, e poi i romani che fondarono uno dei più importanti porti del mediterraneo, il porto di Classe in località Ravenna. Anche oggi è riaffiorato un vecchio ricordo che era una vecchia abitudine: io e Cristina che giriamo per musei. La storia e l’archeologia ci hanno sempre appassionate!

La storia di questo territorio è splendidamente descritta e raffigurata nel Museo Delta Antico, allestito in un ex  ospedale del ‘700. Qui si trovano reperti sia etruschi che romani, una bellissima e ricca ricostruzione della vita nella città etrusca di Spina e tutti gli oggetti trovati su una nave romana affondata nelle acque antistanti la città e ora perfettamente conservati. Tutti questi resti che arrivano dal passato sono uno spaccato della globalizzazione nell’epoca antica, dimostrano come questi popoli comunicassero, commerciassero e si influenzassero vicendevolmente.

Non si può non salire sul famoso ponte Trepponti con le sue 5 scalinate. Questo e altri ponti distribuiti nel centro storico fanno capire come queste città lagunari (non solo Venezia) utilizzassero soprattutto l’acqua come mezzo di comunicazione e come l’acqua, sia dolce che salata, fosse una costante della vita quotidiana di queste popolazioni.

In queste terre le principali fonti furono il sale e le anguille, che ancora adesso tornano in queste acque dopo essere andate a riprodursi del Mar dei Sargassi. In queste zone si producono anche dei vini, detti vini delle valli. Come degna conclusione della giornata quindi io e Cristina ci concediamo in un negozio di prodotti tipici un aperitivo con pesce marinato (anguilla compresa) abbinato ad un tipico vino delle valli e dal classico pane ferrarese.



giovedì 27 luglio 2023