giovedì 22 ottobre 2020

2013 - Da Mosca a Pechino in treno, lungo la transiberiana e la transmongolica

7865 km., 2 continenti, 3 nazioni, 6 fusi orari, 20 giorni, due viaggiatrici


Dopo anni finalmente sono riuscita a realizzare un sogno, quello di prendere la famosa Transiberiana.
I preparativi sono proseguiti per mesi, tra trattative per definire l'itinerario e peregrinazioni varie per uffici consolari. Alla fine io e Rosi, la mia compagna di viaggio, abbiamo trovato un compromesso e l'itinerario è stato finalmente definito: da Mosca a Irkutsk, sul lago Bajkal, lungo la Transiberiana e da Irkutsk a Ulaanbataar fino a Pechino lungo la transmongolica, come potete vedere nella mappa qui sotto.

Tappe: Mosca, Irkutsk, isola di Olkhon, Ulaanbaatar, riserva naturale di Gun Galuut, Pechino.



Prima di partire vorrei proporvi un paio di suggestioni. La prima è di Fosco Maraini, grande viaggiatore. Lui la chiamava l'epistemologia del Citluvit. La seconda è invece il testo proposto quest'anno alla maturità. È una riflessione di Claudio Magris sul viaggio. 

L'EPISTEMOLOGIA DEL CITLUVIT

Ultimamente ho letto delle cose su Fosco Maraini, fotografo, etnologo, alpinista, scrittore, orientalista.  Maraini ha elaborato l'epistemologia del Citluvit, il Cittadino della Luna in Visita d'Istruzione sulla Terra, colui che guarda gli eventi del nostro pianeta con passione e divertito interesse, fino a innamorarsi dell'oggetto del suo studio, evitando il rischio del giudizio etnocentrico. Mi è piaciuta un sacco l'idea del Citluvit e in questo viaggio vorrei sentirmi anche io un po' come un cittadino della luna in visita sulla terra e credo che in parte sarà inevitabile sentircisi, visti i luoghi che attraverserò.

Di Maraini riporto anche la frase qui sotto che condivido.

Ci sono due modi di viaggiare. Nel primo si percorrono grandi distanze in poco tempo, ci si muove, ci si sposta, s’imparano a conoscere i lineamenti generali delle montagne, delle valli, gli aspetti più evidenti della gente e del loro carattere. Nell’altro si sosta, si va in profondo, si mettono un poco le radici e si cerca di suggere dalla terra l’invisibile linfa spirituale di cui si nutrono gli abitanti del posto. Ambedue sono modi legittimi, ambedue possono essere fonti di piacere, ambedue possono portare ad utili conoscenze e comparazioni. Fosco Maraini

CLAUDIO MAGRIS, dalla Prefazione di L’infinito viaggiare, Mondadori, Milano 2005.

Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte. Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte. In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo degli italiani da Fiume dopo la Seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure il suo.

Quando ero un bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, era invalicabile, – almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, che divideva il mondo in due. Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là cominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse dalla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà era insieme misteriosa e familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto. Ogni viaggio implica, più o meno, una consimile esperienza: qualcuno o qualcosa che sembrava vicino e ben conosciuto si rivela straniero e indecifrabile, oppure un individuo, un paesaggio, una cultura che ritenevamo diversi e alieni si mostrano affini e parenti. Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo. 

L'ABBECEDARIO DEL VIAGGIO 

(che ovviamente verrà completato nel corso del viaggio)

A come ALFABETI cirillico, mongolo e cinese. Ma avete idea di come sono?! Ho fatto qualche tentativo col russo. Ho recuperato un libro "il russo per immagini". Lasciamo perdere... Allora sono passata a "Il russo - corso elementare". Non so...

C come CIBO italiano che possa essere messo nello zaino e possa servire come mezzo di comunicazione con gli indigeni sul treno. Io ho pensato a grana padano e nutella. Altre idee?

F come FILM da vedere prima di partire. 

Di russi me ne sono venuti in mente tre: Dottor Zivago ( di un po' di anni fa...), Anna Karenina (l'ultima versione del 2012), Educazione siberiana. La corazzata Potemkin? Ma anche no... 

Di cinesi molti di più: Addio mia concubina, Lanterne rosse, La foresta dei pugnali volanti, Non uno di meno, La tigre e il dragone, Sorgo rosso.

Di mongolo conosco solo Il matrimonio di Tuya. Su consiglio di un amico ho visto Mongol, sulla vita di Gengis Khan. Sia per i paesaggi che per la storia, vale la pena vederlo.

L come LIBRI da leggere prima di partire (o durante il viaggio). Anche qui distinguiamo. 

Prima la letteratura russa: Anna Karenina di Lev Tolstoj, Il parco di Puskin e La valigia di Sergej Dovlatov. Ma anche Guerra e pace, Delitto e castigo, ma come si fa a elencare la letteratura russa?!

Libri che parlano della Russia, o meglio del vecchio impero sovietico: Imperium di Ryszard Kapuscinski, Buonanotte, signor Lenin di Tiziano Terzani, L'ultima favola russa di Francis Spufford. 

Libri che parlano della transiberiana: Siberiana di Luciana Castellina e la guida LonelyPlanet della Transiberiana, naturalmente.

Libri che parlano della Cina di oggi ma anche della Cina di ieri: tutti i i libri di Qiu Xialong: La misteriosa morte della compagna Guan, Visto per Shangai, Quando il rosso e' nero, Ratti rossi, Di seta e di sangue, La ragazza che danzava per Mao. L'ispettore capo Chen Cao è un'ottima guida della Cina presente e passata. 

Libri mongoli: non pervenuti.

Questo post è stato aggiunto nel 2019, dopo aver scoperto un anno e mezzo fa uno scrittore mongolo, Ian Manook, che vive a Parigi ma ambienta i suoi libri in Mongolia. Sono dei gialli molto avvincenti il cui protagonista è il commissario Yeruldegger. La trilogia è costituita da: "morte nella steppa", "tempi selvaggi" e "la morte nomade", Fazi editore. Molto consigliati.

R come REGISTRARSI  sul sito del Ministero degli Esteri "dove siamo nel mondo". Meglio lasciare traccia in Italia del nostro percorso, non si sa mai, la Siberia e' grande, la Mongolia e la Cina pure...

V come VISTI russo, mongolo e cinese, ognuno con le proprie caratteristiche e le proprie follie burocratiche... Il russo è decisamente il più ostico e il più fiscale.  Il cinese il più veloce ma vogliono anche sapere chi ti paga il viaggio. Il mongolo il più lento,  ci impiegano due settimane a dartelo perché l'estate è alta stagione e sembra che tutto il mondo vada in Mongolia (in Consolato ero da sola...).  

Z come ZAINO, cioè quella casa ambulante dove deve starci tutto l'occorrente per ogni temperatura ed escursione termica.

domenica 16 agosto 2020

Capraia 2020

Persone: 4 (io, Cristian, Emilia, Massimo)

Calette visitate: 7 (cala San francesco, cala della garbicina, cala dello zurletto, cala torretta del bagno, punta della teglia, cala del ceppo, cala rossa)

Giri dell’isola in gommone: 2

Trekking: 3 (quello per andare a cala del ceppo, quello per punta teglia, quello per cala della garbicina)

Libri letti: 2 (“l’angelo di Monaco” di Fabiano massimi; “disimpegno morale” di Albert Bandura)



























martedì 28 luglio 2020

Molise 2020

L’ANNO IN CUI NON SIAMO STATI DA NESSUNA PARTE

Questo mi sembra il titolo giusto di un blog di viaggio che nasce nell’anno di una pandemia che ci ha tutti costretti a stare immobili per mesi e che riguarda una regione che per tutti gli italiani (tranne forse per chi ci abita) non esiste. Insomma, partendo dai diari africani di Che Guevara (per chi non ha colto la citazione) alla pagina Facebook Molisn’t, quest’anno vi dimostrerò che è possibile fare una vacanza in un posto che non c’è.
Questo trekking è condiviso con Giovanna, mia quasi gemella (siamo nate a due giorni di distanza), e mia compagna di liceo. Perse per molti anni ci siamo ora ritrovate e addirittura stiamo facendo un cammino assieme. Ovviamente ci accomuna la passione per la montagna, lo scialpinismo e in generale camminare.


28 luglio

Oggi prima giornata di avvicinamento al Molise. Quindi, alta Velocità fino a Roma Tiburtina... ecco, Tiburtina offre uno spaccato della capitale che sta un po’ tra il cantiere aperto, la periferia squallor, il classico terminal dei bus in partenza x ogni dove, saracinesche abbassate dagli orari di apertura improbabili. Purtroppo ci tocca sostare dentro la stazione qualche ora in attesa del bus che ci porterà a Isernia, la nostra prima tappa e la partenza del nostro tour.

Rubrica: cose da Covid-1
Siccome sanificare i bagni è evidentemente un costo e un dispendio di energie, i bar non offrono più questo servizio e in una stazione enorme come Tiburtina ti tocca scendere di tre livelli prima di trovare un unico bagno a disposizione per tutti i passeggeri. E siccome bisognerebbe seguire i percorsi obbligati, ti tocca anche portare a termine la caccia al tesoro per arrivare al punto di partenza...

Rubrica: cose da Covid-2
Prima di salire sui bus bisogna sottoscrivere l’autocertificazione che non siamo malati. Ovviamente prima di entrare nel terminal ci hanno misurato la febbre e così prima di accedere al bus. Ma tutte queste misurazioni faranno bene al nostro cervello?

Rubrica: cose da Covid-3
Nel ristorante di stasera, siccome non si possono distribuire i menu, ci hanno dato un foglio con un QR-code. Quindi se non hai l’app per leggerli, non puoi vedere il menu... da pazzi...

Iniziamo con due notizie due di storia... lo sapete che io ho il pallino...

La storia del Molise va ricercata sicuramente nella notte dei tempi. Il 5 giugno 1979 viene infatti data la notizia di una grande scoperta paleontologica: il ritrovamento, in località La Pineta di Isernia, di un sito preistorico con testimonianze di attività umane risalenti a circa 730 mila anni fa.
L'accampamento paleolitico era frequentato dall'homo erectus (Homo aeserniensis), addirittura il più antico vissuto in tutta Europa. 
L'importanza del ritrovamento è data, oltre che dalla lontanissima datazione, dal numero veramente eccezionale di reperti ossei e di manufatti lapidei rinvenuti attorno alla capanna abitata da questo nostro antichissimo progenitore.
La documentazione dei preziosi ritrovamenti di Isernia che rappresentano elementi fondamentali per lo studio del Quaternario nell'area dell'Europa Mediterranea, è ospitata stabilmente nella Mostra - Museo del Paleolitico a Isernia, in un ex monastero di monaci benedettini.

Rubrica: cibo locale
Prima cena in un cortile del centro storico di Isernia. Un primo piatto con pesce eccellente!

Centro storico abbastanza piccolo ed essenziale. Purtroppo era una città medievale distrutta da un grave terremoto mi pare a metà ottocento e quindi non è rimasto molto, del Medioevo nulla o quasi. La rivaluterò una volta finito il trekking; l’ultima sera apprezzerò molto di più le sue piazze e i suoi angoli.
Altra nota storica: il Molise è l’unica regione italiana nata dal distaccamento da un’altra, cioè quella che prima era gli Abruzzi e Molise.



29 luglio

Prima tappa: Isernia- Pescolanciano, km. Circa 27
Quando un sentiero parte da una città, è sempre difficile trovare il punto di partenza. È così anche ad Isernia, dove dobbiamo chiedere ad un po’ di camminatori che fortunatamente frequentano di buon mattino un percorso ad anello che parte dallo stadio. InizIamo a salire in mezzo al bosco ma già vediamo il primo step della tappa di oggi, il paese Miranda abbarbicato sulla collina (400 mt circa). Parte del sentiero è su asfalto e ho il brutto presentimento che troveremo molto asfalto anche nelle prossime tappe. Raggiungiamo il paese dove, dopo una rinfrescata ad una bellissima fontana storica, ci sediamo per rifocillarci e intanto socializziamo con due pensionati ben contenti di scambiare due chiacchiere. 


Miranda

Usciti dal paese il sentiero sale sulla collina alle spalle di Miranda e passa a fianco di una cappella e ci troviamo al primo bivio. La direzione che dobbiamo prendere è chiara solo che ci porta a fondo valle e non in costa come pensavamo. Fortunatamente troviamo due contadini e due apicoltori che consultano la carta e ci aiutano. Comunque ci siamo già rese conto che i local non frequentano molto i loro sentieri e quindi sono un po’ approssimativi quando ti danno informazioni. Finalmente, dopo aver risalito la collina, raggiungiamo una sella dove partono evidenti due sentieri, tra cui il nostro. Peccato che il ns, dopo poco, si  perde nel nulla e non troviamo più alcuna indicazione. Chiediamo ad un pastore, credo albanese, che prima dice che non esiste, poi che è un sentiero molto difficile ma che da qualche parte, nel bosco, porta... a posto siamo...
Quello è stato sicuramente il tratto più difficile perché da lì siamo riuscite ad uscire solo seguendo i segni di un trattore che alla fine ci hanno condotto al bosco, da cui partiva una carrozzabile (questa segnata) che dopo molti Km ci ha portato alla provinciale che porta a Pescolanciano (806 mt). L’idea di fare due o tre km almeno sotto il sole sull’asfalto ci induce a chiedere ad un automobilista un passaggio verso il paese, che raggiungiamo piuttosto stravolte. Tra l’altro la scorta d’acqua è finita da tempo.
Tappa, devo dire, molto dura, non solo per la lunghezza e per il caldo, ma per l’incertezza del sentiero. Essere in due ha aiutato, sopratutto a non scoraggiarsi.
Il gestore del ns b&b cammina molto in queste zone e discute con noi le prossime tappe. Diciamo che quando parla siamo un po’ annebbiate dalla stanchezza ma cerchiamo di cogliere il necessario...
I local ci guardano come marziani per il giro che stiamo facendo e poi si vede che non sono proprio abituati ai turisti. I pensionati ci hanno detto che i giovani se ne vanno e che qui si vive solo di agricoltura. Quando stasera ho chiesto a due miei più o meno coetanei di cosa vivono non mi hanno risposto... Antonio, il nostro ospite, felicissimo di aver fatto la scelta di stare qui a vivere.

Pescolanciano è famosa in zona per la festa delle fascine. Attorno a Sant’anna (il 26 luglio) si sceglie un campo dove vengono raccolte le fascine usate poi per la processione nel corso Garibaldi (qui tutti i paesi hanno corso Garibaldi). Qualcuno ci ha detto con orgoglio: è il corso Garibaldi più grande dell’alto Molise. Quest’anno, causa Covid, niente processione però il paese è comunque abbellito dalle fascine. L’effetto è molto carino. 



30 luglio

Seconda tappa: Pescolanciano- Staffoli (vicino a Vastogirardi) km 17 circa
Appena fuori dal paese imbocchiamo il tratturo Lucera- Castel di Sangro che seguiamo per un po’ ma non per molto, come indica invece la cartina. Ad un certo punto diventa un sentiero che si addentra per il bosco e ad un certo punto questo sentiero magicamente sparisce.. in fondo alla valle vediamo il tratturo, che dobbiamo  però raggiungere improvvisando un percorso in mezzo ai rovi. Primo imprevisto di oggi. Evidentemente siamo tutte e due cosi stordite da non vedere le deviazioni o le indicazioni? Mah... procediamo quindi per il tratturo fino ad un trivio con un cartello. Quello che ci interessa è divelto, cerchiamo di ricostruire la direzione anche con la cartina e proseguiamo. Dopo 5/6 km troviamo un casale con un signore che ci informa che siamo sulla strada sbagliata, quella porta a Roccasicura. Il sole è implacabile e quindi ci facciamo portare indietro in auto dal ns nuovo amico fino alla chiesetta di San Domenico, appena fuori Carovilli, la metà tappa di oggi. Raggiungiamo il paese, molto carino e animato oggi dal mercato. Dopo una sosta riprendiamo il cammino fino al Castiglione di Carovilli. In una piazza con una bella fontana dall’acqua limpida e fresca, contattiamo i local pensionati per capire il sentiero. Qui le possibilità sono: cercare un sentiero usato da zero persone in mezzo al nulla dove la possibilità di perdersi è “sicuramente” oppure seguire la strada che in pochi km ci porta a Staffoli, la meta di oggi. Siccome per oggi abbiamo già dato in termini di avventura, optiamo per la strada che comunque non è frequentata da auto ed è piacevolmente circondata dal verde. Solo l’ultimo pezzo su strada provinciale è molto sofferto.
 Staffoli horses è un’oasi molto carina e tranquilla, come dice il nome caratterizzata dai cavalli e quindi da tante mosche...

La piana di Staffoli 


Differenze Molise-Abruzzo
Innanzitutto il Molise è molto più verde dell’Abruzzo; noi attraversiamo per km colline molto rigogliose. I campi non sembrano coltivati ma usati solo per il fieno. L’Abruzzo è molto più brullo.
Qui in Molise si trovano un sacco di fontanili funzionanti, con l’acqua fresca e potabile. Quando visitai l’Abruzzo (era un anno particolarmente siccitoso), i fontanili erano tutti chiusi.
Quando si giunge a qualche paese in Molise, questi sono ancora abitati e diciamo “operativi” (bar, farmacie, un sacco di macellerie). I paesi dell’Abruzzo sono deserti, ma proprio deserti. Non trovi un bar o un negozio. Anche qui ovviamente i giovani scappano per la città (anche solo Isernia) ma forse in Abruzzo questo fenomeno è avvenuto prima. 

Questa è la meta di oggi, monte Capraro, visto da Vastogirardi.

31 luglio

Terza tappa: Staffoli- Vastogirardi- Monte Capraro - Capracotta km. 17
Il primo problema da risolvere è trovare qualcuno che ci porti a Vastogirardi evitando così 5 km su strada. Nessuno allo Staffoli horses può e quindi ci incamminiamo al mattino presto. Dopo un po’ di autostop si ferma un signore con il classico camion da edilizia che sta sistemando alcune case a Vastogirardi e in particolare al Castello, tipico medievale che sovrasta il paese. È un imprenditore edile. Qui le case lasciate dagli avi sono sistemate per le vacanze estive. Mi conferma, da abruzzese, che così non è nella sua regione dove i paesi sono vuoti. Dopo una breve colazione imbocchiamo il sentiero. Prima però facciamo una deviazione ad un tempio sannita del II sec a.c., messo in una bella posizione Davanti ai campi pieni di covoni di fieno e con a fianco una sorgente.


Questo invece è un tipico sentiero da queste parti...


Anche oggi arrivare alla meta di Monte Capraro sarà una vera impresa... Il sentiero è poco segnalato, se non del tutto, è pieno di erbacce e in molti punti completamente coperto di rovi. Inoltre è nei punti più strategici completamente privo di segnali. Spesso il sentiero sbuca in campi grandi come campi da calcio senza vie di sbocco oppure il sentiero è interrotto dal filo spinato. Orientarsi richiede veramente grandi capacità ma soprattutto tanta pazienza, non farsi prendere dal panico, tornare sulle proprie tracce e cercare i segnali, dove ci sono. 


Questo qui sopra ad esempio è un tipico esempio di campo a cui porta un sentiero e che poi non condurrà da nessuna parte...

Finalmente troviamo il sentiero che si inoltra in una bella faggeta e dopo un po’ sbuca su una bellissima spianata dove si trova una croce di vetta (anche se la vetta trigonometrica è un po’ più avanti). Qui ci concediamo un po’ di riposo anche se abbiamo finito l’acqua ma la vista paga tutta la fatica. Si domina a 360gradi tutta la vallata, Capracotta da un parte e il versante da cui siamo arrivate dall’altra,  in fondo si vede la Majella.

Sulla vetta del monte Capraro, sullo sfondo Capracotta 

Raggiunta la vera vetta Iniziamo la discesa in un’altra faggeta dove fortunatamente il sentiero è segnatissimo. Purtroppo ad un certo punto finisce e ci porta alle piste da sci che ci tocca percorrere fino in fondo. Arrivati alla biglietteria siamo piuttosto stravolte; la discesa, seppur veloce, è stata provante... x raggiungere Capracotta dovremmo risalire su strada asfaltata e poi, attraversato l’abitato, fare un’altra bella salita. Fa molto caldo e abbiamo finito l’acqua da un bel po’, quindi chiamiamo l’hotel e ci facciamo venire a prendere. Ha aperto con una nuova gestione da una settimana ed è posto al di sopra del paese e giusto sotto il monte Campo. L’accoglienza è strepitosa e così facciamo la merenda- anche se in realtà è il nostro pranzo-  su una stupenda terrazza dove veniamo coccolati dall’intero staff che in questo momento ha solo noi come ospiti. Ci dicono però che Capracotta d’estate è molto frequentato e domani inizia il weekend e inizia agosto.
Valutazione di fine tappa: forse sottovalutiamo le tappe, ritenendo che un medio kilometraggio o un basso dislivello comporti una certa “facilità “. Ci siamo accorte che non è così. Innanzitutto il dislivello è dato anche da tutta una serie di saliscendi a volte non previsti, e poi c’è tutta la fase di ricerca del sentiero  che prende un sacco di tempo ed energie, anche mentali.
Comunque anche oggi non abbiamo incontrato nessuno...


Rubrica: cibo locale
Da segnalare il caciocavallo e la scamorza. Ovviamente molta carne (del resto tante macellerie saranno giustificate...). Anche il tartufo e il baccalà sono una presenza costante nei menu molisani.

Capracotta visto da monte Campo


1 agosto
Quarta tappa: Capracotta- Agnone km. 14 
La partenza si prospetta positiva: il sentiero è ben segnato e pulito e così arriviamo facilmente in cima al monte Campo, mi pare la cima più alta del Molise. Incredibilmente troviamo anche un po’ di gente.  La vista da quel punto è spettacolare, un po’ come quella del monte Capraro che abbiamo di fronte. A 360gradi si spazia sulle vallate sottostanti. In fondo si vede un paese Pescopennataro, che io chiamo “il piccolo Machu picchu” perché è arroccato su una collina e ha alle spalle a proteggerlo una piramide di roccia. 

Pescopennataro 



Chiediamo a dei local (uno dei quali ci garantisce di averlo fatto qualche giorno fa) e quindi imbocchiamo un sentiero in costa che per un po’ prosegue lungo il crinale. E come ogni storia di cui si sa già la fine (Romeo e Giulietta finisce purtroppo sempre allo stesso modo), anche oggi il sentiero si perde non appena esce dal bosco, i segni scompaiono e noi come al solito dobbiamo affrontare una caccia al tesoro fatta di rovi, cardi, insetti, saliscendi continui e oggi in particolare di filo spinato che più volte interrompe il sentiero quando lo si trova. Ovviamente nessuno all’orizzonte a cui chiedere... la carta ci permette solo di tenere la direzione giusta e infatti arriviamo dopo 5 ore a Guado Liscia a fronte delle due ore previste dai cartelli!
A Guado Liscia fortunatamente c’è un bel bar con giardino ventoso e fontana ristoratrice dove ci concediamo la sosta (come sempre l’acqua è finita e ormai si sono fatte le due). Da qui ad Agnone sono 8 km su asfalto sotto il sole; anche oggi optiamo quindi per l’autostop.
Questo ci permette (grazie alla dritta dei nostri chauffeur) di andare alla visita guidata della Fonderia Pontificia Marinelli, che fonde campane da 700 anni. Un tuffo molto interessante in un mestiere che viene svolto da secoli sempre nella stessa maniera. Ho scoperto che la campana ha tre fasi: quella fatta di mattoni rivestita di argilla (anima), la falsa campana fatta ancora di argilla con le decorazioni in cera e infine il mantello. Questa fonderia ha fatto la campana del giubileo 2000. 
Curiosità: mentre la colata di bronzo scende verso lo stampo un prete benedice e prega l’operazione. La nota che suona la campana dipende dal diametro, che deve essere uguale all’altezza.



2 agosto

Quinta tappa: Agnone- Fontesambuco- Pietrabbondante km. 22
Una volta uscite da Agnone ci avevano indicato di scendere fino al fiume Verrino e poi risalire. Ci sembra una impresa, oltre che molto lunga, impervia e incerta (e quando mai in Molise?!), quindi decidiamo di stare su strada asfaltata e, attraversato un lunghissimo viadotto solo stradale che fortunatamente ha una corsia chiusa x lavori, ci troviamo dall’altra parte della vallata. Ci consultiamo con un ciclista che ci conferma la non-tradizione escursionistica dei molisani e anche lui non conosce bene il territorio. Decidiamo che la  prima sosta sarà al paese di Fontesambuco. Se lì si continua su asfalto, cerchiamo un passaggio. In questo paese di due, dico due anime c’è la festa della Madonna degli Angeli e noi arriviamo durante la messa, che si tiene rigorosamente all’aperto. Quindi all’entrata, invece dell’acquasantiera, c’è il camion con birra, bibite e patatine fritte. 
L’omelia del prete è abbastanza singolare. Dice che tra poco ci sono le elezioni e quindi bisogna stare molto attenti a chi bussa alla nostra porta e chi è amico solo adesso e poi si dimentica di te e “non si vede più nessuno”. Alla fine fuochi d’artificio che, visti sotto il sole d’agosto, diventano solo delle nuvolette che ogni tanto si colorano. 
Cerchiamo di capire come proseguire. Quelli della protezione civile non ci sono di molto aiuto, oltre al fatto che sono ostili. Poi troviamo un signore che ci indica una strada sterrata che taglia tutto il pendio e ci porta a Pietrabbondante, la nostra meta.  Nonostante siano le 12.30 si prospettano due ore di cammino (che poi diventeranno due ore e mezza). Il sole picchia come sempre e il sentiero sale costantemente senza mai concedere una tregua. Arriviamo all’incrocio con la provinciale. A questo punto autostop, ma non passa nessuno. Chiamiamo la signora del b&b che ci recupera e così risparmiamo 3 km di asfalto.
Tentiamo di visitare l’area archeologica del paese, importante centro civile e religioso della Pentria, costruito dai Sanniti pochi decenni prima “dell’urto fatale”con Roma, ma chiude nel momento in cui arriviamo e quindi riusciamo a vederlo velocemente dall’alto.
Il vero capolavoro del Parco archeologico è costituito dai resti del Teatro, felice connubio tra strutture italiche ed architettura greca. Il Teatro, ricavato nel pendio naturale del terreno, è formato da una cavea e da cinque gradinate. Qui, sugli straordinari sedili in pietra a sezione anatomica - e, per questo, unici al mondo - ancora oggi, in estate, è possibile assistere alle rappresentazioni teatrali. I resti si trovano nei pressi dell'antico tratturo Celano - Foggia, a pochi chilometri dall'abitato, tra giganteschi macigni: le morge.

Vista di Pietrabbondante dal lato del teatro e del tratturo.


Rubrica: cose da Covid- 4
Qui si passa dal QR code x leggere i menù ai camerieri senza mascherina, alle pizzerie modello di assembramento, dalla colazione servita in camera al b&b che ha un bagno in comune per tre camere e ovviamente non viene sanificato ogni volta... oggi un ospite del b&b (di Milano) mi ha teso la mano. L’ho guardato malissimo! Ma qualcuno ha ancora questa abitudine?! Poi sembro io quella cafona...

Pietrabbondante 


3 agosto
Sesta e ultima tappa: Pietrabbondante- Carovilli km. 17
Carovilli-Isernia in bus
Diciamo che Pietrabbondante non ci è proprio rimasta nel cuore: il teatro sannitico stava chiudendo e ci ha rimbalzato, ci sono solo tre bar (di cui uno per niente ospitale), l’unico ristorante è molto fuori dal paese e bisogna avere l’auto, infine quella del b&b stava un po’ troppo addosso (oltre alle norme anti-Covid inesistenti). La posizione del paese però è molto bella e vale la pena passarci.


Da Pietrabbondante parte il tratturo Celano- Foggia che porta direttamente a Carovilli. Anche se è un tratturo, è stato tutto asfaltato. Questo ci consente di seguire la strada senza troppi “sbatti” per cercare la direzione giusta. Inoltre la strada passa vicino alla Riserva Naturale Orientata di Collemeluccio, quindi il paesaggio (ritroviamo il monte Capraro) e l’ambiente sono molto belli e la strada è veramente poco trafficata. 
Così come ieri siamo riusciti a vedere la parte di anello fatta, da Capracotta a Guado Liscia e poi Agnone fino a Pietrabbondante. Oggi, una volta scollinato, abbiamo rivisto il giro da Carovilli a monte Capraro a Staffoli.
Con l’arrivo a Carovilli si conclude il ns cammino, dopo circa 114 km spesi su questo anello nel nord del Molise.
Dopo un’oretta circa arriva puntualissimo il bus che in mezz’ora ci porta a Isernia dove ritroviamo il nostro primo alloggio.
Per i bilanci e le conclusioni, dovrete attendere più tardi.


Questa è una carta che illustra il nostro itinerario, ad esclusione del tratto da Isernia a Pescolanciano fino a Carovilli. Poi però si vede il giro Carovilli- Vastogirardi- Capracotta- Agnone- Pietrabbondante- Carovilli.

La rubrica: cibo locale si chiude ancora a Isernia, la tappa finale, dove troviamo uno dei migliori ristoranti di questa vacanza, situato nel centro storico “le segrete del 700”, con una stupenda balconata sulla vallata.
Del cibo molisano abbiamo scoperto che usa molto il baccalà, la scamorza, il tartufo. Non vi parlo invece della carne che qui viene mangiata molto ma a me non interessa.



4 agosto

Ritorno a casa. 
Percorso complessivo: Isernia- Miranda- Pescolanciano- Carovilli- Staffoli- Vastogirardi- monte Capraro- Capracotta- monte Campo- Guado Liscia- Agnone- Fontesambuco- Pietrabbondante - Carovilli- Isernia km. 114

Ed eccoci al bilancio di fine trekking.
Innanzitutto ho fatto bene a non venire da sola e per di più con una persona anche lei esperta di montagna. Questo cammino ha richiesto, oltre ad una buona preparazione fisica e a un ottimo spirito di sopravvivenza e resistenza, anche un grande senso di orientamento, lettura del territorio e della carta e, ultimo ma non ultimo (e questo secondo me è sempre l’ingrediente fondamentale di un cammino), una forma mentis allenata alle difficoltà e al problem solving. In soldoni: non farti prendere dal panico e trova una soluzione. In questo caso due cervelli sono stati sicuramente meglio di uno.
Il Molise è una terra bellissima, con una serie di borghi incastonati in un territorio verdissimo, ma non è una terra di escursionisti. Si vede dal fatto che non abbiamo incontrato nessuno in una settimana, la gente a cui chiedevamo non ci sapeva dare indicazioni e i sentieri non erano tracciati, curati e soprattutto battuti. Questo cammino per me era anche una perlustrazione per capire se organizzare in futuro un trekking per il mio CAI e la mia risposta purtroppo è: no, non mi prenderò mai la responsabilità di farlo. Forse l’unica possibilità è affidarsi a guide del luogo. Mi manca di visitare la zona del Matese, nel sud della regione. Quindi il Molise si merita sicuramente un’altra possibilità.
Consiglio vivamente di venire a visitare queste zone, magari in auto valutando qualche piccola escursione non prima di aver verificato. Con chi non mi è chiaro, forse alcune zone sono meglio battute e curate dai CAI locali. Quindi verificate prima di mettere gli scarponi tra trekking!
L’ospitalità che abbiamo trovato, la magia di alcuni paesini, la cortesia di alcuni improvvisati driver, le cene molisane che non ci hanno mai deluse mi fanno quindi ritenere che il Molise esiste, adesso ne ho le prove.
Ultimo selfie nella piazza di Isernia


Bibliografia (ma soprattutto libri letti in viaggio)
- Tim Parks “Italian ways, on and off the rails from Milano to Palermo”, Vintage books, 2014
- Alessandro Barbero “bella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo”, Mondadori, 2018
- John Douglas “mindhunter: la storia vera del primo cacciatore di serial killer americano”