martedì 1 novembre 2022

29-31 ottobre 2022 trekking in Trentino

 TRA I VIGNETI EROICI E LE MINIERE DELLA VAL DI CEMBRA E DEI MOCHENI


L’autunno vede come sempre gli escursionisti (e anche i cicloescursionisti) alla ricerca di zone d’Italia in cui la natura offre anche vigneti (e non solo boschi) da attraversare e quindi vini da degustare. La scelta di quest’anno mia e di Nadia, la mia socia-accompagnatrice del CAI Varese (ma non dimentichiamo il marito Grillo), cade sulla val di Cembra e valle dei Mocheni, in Trentino, il regno del Gewürztraminer e del Müller Thurgau. Il fine ottobre di quest’anno ci ha regalato tre giorni di temperature primaverili e di cieli e colori autunnali. Il gruppo di quest’anno è fatto da 18 persone. Varie età, vari allenamenti, varie esperienze ma tutti grande curiosità!




Il primo giorno è stato dedicato alla Valle dei Mocheni o Valle del Fersina, nota per la presenza di un'isola linguistica germanofona di origine medievale. Ora è una minoranza linguistica protetta dalla UE. La prima tappa è il Lago di Erdemolo a 2014 mt.




In seguito raggiungiamo la miniera De Gruab Va Hardimbl, miniera museo del ‘500 posta a 1700 mt. nel cuore della montagna. Una giovane guida ci illustra l’interno di questo giacimento di pirite e la vita buia e faticosa dei canopi, i minatori arrivati da Boemia e Tirolo.








Il secondo e il terzo giorno invece ci portano in Val di Cembra. Dapprima visitiamo le Piramidi di terra di Segonzano, un fenomeno geologico unico in Trentino dove colonne di terra, sovrastate da un masso di porfido (altra ricchezza di questa valle), formano torri, creste, colonne e pinnacoli disposti a canna d’organo. 




Dopo aver seguito un itinerario che ci porta su e giù per questa vallata, attraversati il torrente Avisio e il paese di Faver, costantemente circondati da terrazzamenti di vigneti e meleti, raggiungiamo il Castello di Segonzano, dove abbiamo appuntamento con il proprietario della Cantina Barone a Prato, che ci illustra le caratteristiche del suo vitigno e ci conduce nella sua cantina dove effettuiamo la prima degustazione (Gewürztraminer, Pinot nero, Chardonnay, Cabernet).





L’ultimo giorno vede proseguire la nostra esplorazione della vallata, seguendo il sentiero di Mancabrot. Partendo da Masen di Giovo arriviamo a Ville di Giovo, nota per il castello della rosa, e proseguiamo verso Verla di Giovo per visitare la cantina Villa Corniole, dove effettuiamo la seconda degustazione di un Brut, un Müller Thurgau, un Cimbro rosso. 

Anche oggi ci confrontiamo con una famiglia simbolo di una viticoltura di montagna definita eroica che produce vini estremi, sempre abbinati a prodotti enogastronomici a km zero.





Una splendida faggeta dai colori autunnali ci riporta al punto di partenza e alla conclusione di questi tre giorni dedicati ad un territorio poco conosciuto rispetto alle vicine Val di Fassa e Val di Fiemme ma che ci ha regalato una varietà incredibile di esperienze.





domenica 4 settembre 2022

Forte di Fenestrelle




4 settembre 2022:  escursione al forte (o meglio ai 3 forti) di Fenestrelle, in provincia di Torino, un po’ oltre Pinerolo, in Val Chisone. La Francia è poco oltre. Forte molto ben conservato, anzi rimesso in sesto da un gruppo di volontari dopo anni di abbandono, volontari che ora si preoccupano anche di tenerlo aperto e di fare le visite guidate, unico modo per visitarlo. La nostra (ottima) guida oggi è Luca. Del gruppo (circa una ventina di persone) io sono l’unica da fuori regione e gli altri si stupiscono che io venga da così lontano…




Costruito tra inizi ‘700 e metà ‘800 ha al suo interno la scala coperta più lunga d’Europa, di quasi 4000 scalini. 



È una costruzione colossale; per chi lo conosce, molto più grande del forte di Bard, e pensate che non è mai stato attaccato o messo sotto assedio ma solo usato per ospitare al massimo qualche centinaio di soldati sabaudi. Notevole l’organizzazione e la logistica di un luogo costruito seguendo il crinale della montagna per oltre 3 km., una superficie complessiva di 1.350.000 metri quadrati, con uno sviluppo di dislivello di circa 600 metri. Qui dentro si possono trovare: il forte San Carlo, il palazzo del governatore, il palazzo degli ufficiali, i quartieri militari, la porta reale, la scala coperta, la polveriera di sant’Ignazio, 28 risalti o postazioni per artiglierie, il forte tre denti, la garitta del diavolo, la ridotta Santa barbara, la ridotta delle porte, il forte delle valli, la ridotta belvedere, la ridotta Sant’Antonio, la ridotta dell’elmo, il ponte rosso. E poi cisterne, cucine, dormitori…





Io ho fatto la visita che dura tutto il giorno (7ore) e che arriva fino in cima, a 1800 metri, che ovviamente consiglio con una vista spettacolare sulla vallata. Ma c’è anche la visita di tre ore, più accessibile per chi è meno allenato e che permette l’accesso a luoghi diversi.

Da segnalare che in questi territori esistono ancora delle piccole sacche di minoranze linguistiche che parlano patois (patua) e occitano, segno di una culturale Franco-provenzale che forse sta scomparendo, nonostante la legge del 1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche. Qui in Piemonte, nella zona del torinese, non è raro trovare influenze transalpine. Diverso è invece per la zona Domodossola e VCO che invece, facendo parte in passato del ducato di Milano, presenta dei dialetti lombardofoni. In rete si trovano varie informazioni rispetto ai patrimoni linguistici del Piemonte; riportarli qui sarebbe impossibile.




martedì 9 agosto 2022

Pantelleria 2022

 



Quest’anno siamo stati un po’ indecisi sull’isola da scegliere e abbiamo anche deciso all’ultimo momento ma decisamente non è stata una scelta affrettata. Io sono stata sicuramente influenzata da Nadia e Grillo che qui stanno costruendo il loro buen retiro. E quindi Pantelleria sia!






Siamo in un’isola che è chiamata la perla nera perché di origine vulcanica. Su questo territorio si combinano il nero della roccia, il blu/verde del mare e tutta la varietà del verde della vegetazione (per lo più vigne, ulivi e capperi), talmente a filo del terreno che i colori sembrano mischiarsi.



Siamo ad un passo dall’Africa. La Tunisia dista 67 km, la Sicilia 85. Dalla nostra casa, dove il nostra è riferito a me, Emilia, Massimo e Cristian, si intravede al tramonto un rilievo ma non abbiamo ancora la certezza che sia la costa tunisina. Per trascorrere questa settimana abbiamo ovviamente scelto un dammuso, la classica abitazione pantesca (cioè di Pantelleria…lo dico perché io non l’ho capito subito…), orientata verso ovest in modo da avere il tramonto davanti. La terrazza è il nostro luogo privilegiato per l’aperitivo e le grigliate di pesce.



I dammusi, forse derivante dalla parola latina domus (casa) o forse da una parola araba, hanno tutti i soffitti a cupola per deviare la pioggia verso una cisterna interrata e sono colorati di bianco. Sono costruiti anche per favorire l’isolamento termico ma devo dire che il nostro diventa fresco solo grazie all’aria condizionata…
Anche quest’anno la sabbia è un miraggio. Essendo di origine vulcanica le spiagge sono tutte rocciose e quindi poco “comode”. Però non c’è la folla che c’era l’anno scorso a Favignana e quindi trovare uno spazio davanti al mare e a volte anche in ombra non è poi così complicato. Inutile dire che in mancanza di sabbia i fondali sono limpidi, spettacolari, anche profondi e pieni di pesci. Non è strano nuotare in mezzo ad un banco di pesci. Purtroppo a volte anche in mezzo alle meduse… fortunatamente questi simpatici esserini non sono tanto agili e non ti inseguono, però galleggiano a pelo dell’acqua e non sempre li vedi…


All’interno dell’isola ma a poca distanza dal mare c’è il lago di Venere, uno specchio d’acqua verde a forma di cuore dove abbiamo trovato rifugio un giorno che il mare era troppo mosso per il vento. È alimentato da acque termali (infatti l’acqua è tra i 50 e i 60 gradi); un tempo era una caldera vulcanica. I suoi fanghi hanno un’alta concentrazione di zolfo e questo ci permette di essere più belli a fine giornata!
In alcune zone del mare, nuotando vicino a riva, si trovano dei buchi da cui esce acqua calda termale. Le acque termali sono una costante di questa isola è non è strano trovare sparse qua e là delle vasche di acqua calda scavate nella roccia.





L’isola è piuttosto grande, le spiagge sono molte e i luoghi da visitare sparsi qua e là. Il mezzo usato quest’anno per spostarci è lo scooter e questo ci permette di visitare tutte o quasi le principali spiagge che hanno l’accesso da terra, non sempre in maniera proprio confortevole ma questo è il bello di queste isole. Qua e là troviamo aree dismesse o abbandonate, come Punta Spadillo dove c’è un faro diroccato ma che la sera incredibilmente funziona. A parte i dammusi, abitati o affittati, non tutto è manutenuto a dovere. Anche lo stesso paese di Pantelleria ha una edilizia molto sciatta, senza lo stile che dovrebbe avere un paese che si affaccia sul Mediterraneo, su un’isola che ha una storia che risale a 5000 anni fa. Gli alberghi sono pochi fortunatamente e il grosso del turismo credo si appoggi alle case private.



Visto che questa è l’isola del Passito e dello Zibibbo, una sera ci dedichiamo ad una degustazione di vini, nella cantina di Donnafugata. Abbiamo scelto una cantina non di nicchia (per intenderci, questi vini si trovano anche all’esselunga) ma abbiamo  avuto la fortuna di avere una bravissima guida enologa che è stato il valore aggiunto ai 4 vini che abbiamo assaggiato. La coltivazione dei vigneti viene chiamata eroica perché la pianta resiste a queste temperature e al vento costante, grazie al fatto che si trova al livello del terreno e la vigna è addirittura piantata un po’ sotto il livello del terreno, perché si fermi la condensa della notte, visto che non può mai essere bagnata. Qui l’acqua è un bene preziosissimo.


In una delle nostre perlustrazioni in giro per grotte calde/fredde abbiamo scoperto i giardini panteschi, delle costruzioni rotonde fatte di sassi di pietra lavica, dentro i quali gli arabi piantavano soprattutto agrumeti perché i sassi tenevano fuori il caldo, creando al loro interno un microclima favorevole. Una sera abbiamo cenato in un ristorante posizionato in un giardino pantesco. Esperienza mistica… anche e soprattutto per il cibo.


Il prodotto storico di Pantelleria è il cappero. Ci sono piante di capperi ovunque. Andiamo a visitare uno dei capperifici più famosi dell’isola, soprattutto per la caratteristica della sua coltivazione, posizionata in una delle zone più belle, su dei terrazzamenti a forma di anfiteatro.


Come ogni anno una giornata è dedicata ad un giro in barca, per raggiungere quelle calette accessibili solo dal mare. Quest’anno siamo coi nostri vicini di casa, due ragazzi di Padova, Gianmarco e Sebastiano, di cui uno ha la patente nautica ed è solito navigare e pescare nella laguna di Venezia. Gli lasciamo ben contenti il timone del natante e lo avvisiamo che io ed Emilia abbiamo qualche problema di mal di mare… ma grazie a quella cosa fantastica che si chiama prevenzione (vedi: assumere pastiglia), io ed Emi passiamo ben 9 ore in barca senza effetti collaterali!





Archiviamo anche quest’anno la nostra settimana su un’isola del mediterraneo. Ho sorvolato sul fatto che questa settimana di mare è stata anche e soprattutto una esperienza culinaria. Abbiamo ritrovato il pane cunzato che avevamo conosciuto a Trapani; sostituito il cannolo con il bacio pantesco; apprezzato che certi cibi, con l’aggiunta del cappero, acquistano un plus; capito che l’unione di diversità, come la Sciakisciuka o caponata pantesca di origine tunisina, comporta sempre un guadagno.






giovedì 14 aprile 2022

Alta Via Monti Liguri - Pasqua 2022

AVML Imperia-Ventimiglia 14-18 aprile 2022



Quest’anno il trekking è anticipato a Pasqua. Chissà se ce ne sarà uno questa estate… la Pasqua è alta e quindi ne approfittiamo, considerato anche che ha nevicato poco. Nuovo trekking, nuovi compagni. La prima persona con cui penso a questa destinazione è Nicola, compagno di scialpinismo. A lui si aggiungono Elisa e Damiano, ormai collaudati compagni di montagna e in più Elisa è ligure e a lei fa sempre piacere tornare nella sua terra d’origine. Si parte il giovedì prima di Pasqua da Milano Centrale, direzione Imperia e si tornerà da Ventimiglia. L’AVML - Alta Via dei Monti Liguri è un percorso di 440 km ma noi ne scegliamo solo un pezzo, anche giocoforza perché parte del tracciato è chiuso a causa della peste suina.



Prima tappa: Imperia- Colle di Nava (933 m.)- Colla del Fieno (1240 m.)- S. Bernardo di Mendatica (1263 m.)- Monesi (1400m.)- km. 16
Arrivati alla stazione di Imperia avevamo precedentemente deciso di sfruttare una navetta offerta dall’albergo che ci permette di evitare l’avvicinamento alla AVML, incrociandolo al colle di Nava. Il nostro autista è decisamente un personaggio: mentre cerca di guidare, utilizza Siri per chiamare i suoi colleghi (non sempre con successo), mantenendo un fastidiosissimo sottofondo di radio non sintonizzata. Ha mollato il negozio di famiglia di bilance/affettatrici per diventare l’unico abitante del paese dove dormiremo stasera, Monesi.
Da colle di Nava inizia la nostra avventura ligure. La giornata è molto bella e troppo calda per essere aprile. A parte uno strappo iniziale il sentiero sale abbastanza costante e solo dopo San Bernardo devia decisamente su asfalto fino a Monesi, un villaggio fantasma che attraversiamo senza incontrare nessuno come, del resto, per quasi tutto il tragitto. Questa è ormai una ex stazione sciistica dove, essendo fatta da tutte seconde case, non abita più nessuno a parte il nostro autista, la cugina detta la bionda e il marito che gestiscono albergo e ristorante del paese La vecchia partenza, che incredibilmente restano aperti in questo posto dimenticato da dio. Nel 2016 c’è stata una frana pazzesca che ha spazzato via la strada e il paese è rimasto isolato per quattro anni.
La cena preparata dalla bionda è superba, oltre che abbondantissima, e innaffiata da un vino della zona, l’Ormeasco di Pornasso. Dopo cena chiacchieriamo delle vicende della vallata e poi andiamo in branda, in una bellissima e curatissima stanza, visto che domani sarà una giornata lunga.

Seconda tappa: Monesi (1400 mt)- rifugio alpino San Remo (2054 mt)- il Redentore (2138 mt)- monte Saccarello (2200 mt)- monte Collardente (1776 mt)- bassa di Sanson (1685 mt)- porta Bertrand (1953 mt)- Colla Melosa (1596 mt) - 24 km
La tappa di oggi è stata decisamente una tappa memorabile: 10 ore e mezza di cammino, 1300 metri di dislivello per uno sviluppo di 24 km.
Una volta abbandonato il paese fantasma, la prima meta di oggi è il Monte Saccarello, la cima più alta della Liguria.  Ci rendiamo subito conto che molti sentieri sono coperti dalla neve e questo diventa abbastanza drammatico affrontando la discesa dal Saccarello. Pur avendo i ramponcini, si sprofonda tantissimo e proseguire diventa faticosissimo. Usciamo dalla parte innevata e affrontiamo uno di quei ripidi prati in cui si scivola solo a guardarlo ma i ramponi in questo caso aiutano. Questa “ravanata” ci fa perdere almeno un’ora e mezza e temiamo di non arrivare in tempo al rifugio. Ma il rifugista ci conferma che non ci può recuperare da nessuna parte e quindi in qualche modo ci tocca proseguire. Fortunatamente il sentiero prosegue con un lunghissimo percorso in costa e la neve qui non è un problema. Ma il problema adesso è un altro: da quando siamo partiti non abbiamo trovato neanche una fontanella e al km 20 le scorte sono ormai esaurite e noi siamo decisamente in sofferenza. Anche oggi è stata una giornata molto calda. Più volte scavo nella neve per recuperare un po’ di neve pulita e, a un’ora dal rifugio, recuperiamo dell’acqua di scioglimento che gocciola da una roccia.
Il rifugio Allavena (CAI) è carino e posto in una ottima posizione. Oggi abbiamo trovato qualcuno sul sentiero e al rifugio di stasera ci sono un po’ di camminatori dell’alta via.
Anche il cuoco di stasera, Marco, oltre a cucinare superbamente, è un personaggio: eccentrico come tutti gli chef. Ha approfittato dell’ultimo lockdown per mollare la donna e venire qui a lavorare. Non abbiamo ancora capito se domani ci saprà dare dei suggerimenti sul sentiero…



Terza tappa: Colla Melosa (1596 mt)- Sella d’Agnaira (1981 mt)- Gola dell’Incisa (1685 mt)- Passo Muratone (1156 mt)- colla Scarassan (1248 mt) - rifugio Gole di Gouta (1219 mt)- 20 km.
Questa mattina scopriamo che Marco è anche un ottimo suggeritore del cammino e quindi ci conferma quello che già sapevamo, cioè che il sentiero degli alpini non è agibile e che dobbiamo proseguire sulla AVML. Lasciamo quindi l’ospitalità del nostro chef e risaliamo verso il vecchio rifugio Grai per riprendere il sentiero e fare buona parte del dislivello positivo che abbiamo oggi, circa 600 mt.



Il percorso di oggi per buona parte taglia la montagna in costa (a circa 1500 metri), una sorta di balcone probabilmente in parte tagliato dagli alpini, che si affaccia su un panorama aspro, caratterizzato da rocce frastagliate e gole ripide, salti di roccia e scarsa vegetazione, un po’ in territorio italiano e un po’ in quello francese. Presente molta lavanda selvatica, narcisi tromboni, denti di cane. Si passa in pochi km dalla macchia mediterranea ad un ambiente più alpino.
Verso il rifugio invece troviamo boschi di conifere e all’arrivo del rifugio in fondo alla vallata si vede il mare. Ormai sarà una lunga discesa verso il mare.
In questi giorni stiamo incontrando molti camminatori, anche stranieri. Questo sentiero è più conosciuto di quanto credessi… 
Anche oggi la temperatura è stata decisamente sopra la media (26 gradi) e ancora oggi, causa mancanza di fontane, abbiamo sofferto la sete. Camminare senza sufficiente scorte idriche è una sofferenza.
Rifugio di stasera Gola di Gouta gestito da una diade femminile (forse madre e figlia), con madre un po’ spigolosa e il cuoco che al mattino arriva pieno di aromi per il pranzo della Pasqua.




Quarta tappa: Gola di Gouta (1315 mt)- Colla Scarassan (1200 mt)- foresta di Testa d’Alpe (1309 mt)- Colla Sgora (1071 mt)- Dolceacqua/rifugio AltaVia (496 mt)- 23 km
Non vi avevo detto che ieri sera dal rifugio, oltre a vedere il mare, si vedevano  anche le luci di Ventimiglia. La nostra meta ormai è vicina. Stanotte ha piovuto, stamane il vento ha pulito il cielo e viaggiamo con una temperatura decisamente più accettabile. La tappa di oggi ha un dislivello non particolarmente impegnativo ma i km si sentono tutti e la fine sembra non arrivare mai.



Il paesaggio di oggi è veramente appagante; dopo le montagne di conifere entriamo nella macchia mediterranea. L’altitudine scende gradualmente, le gole si succedono una dopo l’altra e ormai il mare ci accompagna all’orizzonte. Il punto più alto oggi sono i circa 1500 metri della Tête de l’alpe, un punto panoramico dove facciamo la pausa pranzo con pennichella. Il sentiero oggi segue quasi tutto il confine Francia-Italia ed è continuamente accompagnato da resti di fortificazioni militari, ovviamente abbandonate. In una di queste facciamo anche una visita esplorativa.



Sull’altro versante si vede un paese, Airole, famoso per i muri a secco utilizzati per coltivare la vigna. È la storia del sig. Masala che, dal 2000, ha sistemato tutti i terrazzamenti costituiti da muretti a secco su una superficie di 80 chilometri quadrati e ha creato una azienda viti-vinicola A trincea, che produce il Roccese, un vino con quasi mille anni di tradizione.



Il rifugio di stasera AltaVia è un ex agriturismo che ora probabilmente fa solo da affittacamere, gestito da una signora. Stasera menù basic e così dobbiamo abbandonare le degustazioni dei giorni scorsi.
Ma la signora Maria nasconde un sacco di segreti, in particolare è una mega esperta di piante, aromi e tutti i modi per guarire con le piante. Ci prepara quindi una tisana digestiva e rilassante fatta con mentuccia, salvia e calendula. Prova anche a rifilarmi un intruglio per la mia tosse ma è mission impossible, ormai. Mi rimane solo il medico.


Quinta tappa: Monte Erisetta/Rifugio Altavia (495 mt)- La Colla (488 mt)- cima d’Aurin (465 mt)- Ventimiglia- 13 km


Doveva essere una tappa in discesa che ci avrebbe portato tranquillamente al mare, invece anche il tratto di oggi ci riserva qualche fatica e infatti impieghiamo più tempo del previsto. Il sentiero non sembra scendere mai, anzi a volte sale inaspettatamente e io mi aspetto da un momento all’altro di vedere una strada che finalmente mi porti al livello del mare.
Il vantaggio però è che per tutto il tragitto, stando in quota, si può vedere il mare dall’alto e anche vedere, alle nostre spalle, le creste fatte nei giorni scorsi. Inoltre la vegetazione è meravigliosa, una macchia mediterranea che ci delizia coi suoi profumi e aromi. Nella foto qui sotto si vede il paese di Dolceacqua, uno dei tanti Borghi che si vedono dall’alto sparsi qua e là. Un altro interessante che non abbiamo potuto visitare sembra essere Pigna.



Dopo un po’ di km e dopo aver incrociato un paio di rave party di Pasquetta, ci avviciniamo alle case abitate della parte alta di Ventimiglia e gli odori iniziano a diventare quelli dei fumi delle grigliate. Dopo un ultimo pezzo di sentiero, sbuchiamo proprio sopra la stazione dove finisce (o inizia l’Alta Via).



Ci concediamo un breve giro fino al mare ma abbiamo il treno che ci aspetta. È pasquetta e dobbiamo evitare la folla che torna dalle vacanze, cosa ovviamente impossibile. Riusciamo a concederci, causa cambio treno, anche una sosta a Savona dove finalmente troviamo un pranzo dignitoso e una birra che si possa chiamare tale. In serata arriveremo a Milano e poi a casa dopo un viaggio totale di 7 ore.

Narcisi trombini



Considerazioni finali.
Questo trekking è stato più duro del previsto. Da una parte la presenza di neve nella parte più alta, che ovviamente complicava il percorso. I ramponi ci hanno facilitato ma non completamente; in alcuni punti la neve era troppo alta per essere utili. Dall’altra la totale assenza di acqua e di fonti dove recuperarla; questo ci ha messo davvero in difficoltà. Da segnalare il cambio incredibile di ambienti e di vegetazione attraversati in 5 giorni: dai pendii ancora innevati ai boschi di conifere, da ambienti severi e aspri alla vegetazione mediterranea colorata e profumata. E infine i personaggi incredibili incontrati in questo cammino: i due Enrico di Monesi, il primo che cerca di reinventarsi una vita in un paese fantasma e il secondo che qui è nato e vive tra i ricordi di una passata Val Senales e lo stadio a vedere il Milan. Marco, lo chef stellato che cerca di rimettere in piedi un rifugio (CAI), alla ricerca di una meritata recensione che lo elevi sopra i kebabbari di SanRemo. Maria del rifugio AltaVia che conosce tutte le erbe aromatiche possibili e i loro usi, per sé, il marito, ma anche per cani e gatti. Francesco, il vicino di casa di Maria, che ha accompagnato Elisa a Ventimiglia a causa di dolori alle caviglie, colui che ha mollato la divisa da carabiniere per fare il fabbro e adesso enumera i proprietari delle ville della zona, come una specie di hall of fame, sottolineando che spesso sono francesi o tedeschi. Una galleria che ci ha veramente colpito e ha arricchito questo nostro cammino ligure-francese.




Ecco il link delle foto fatte da Damiano: