sabato 19 agosto 2023

19 -26 agosto 2023 Tour del Monte Rosa (TMR)

Dopo due anni dal Tour del Monte Bianco, la squadra di base si ritrova pronta x una nuova avventura: io, Eleonora, Roberto Andri, Mao Inga. A loro si sono aggiunte due donne: Barbara e Antonella e un altro uomo, Mauro. Come la volta scorsa Paolo ci raggiungerà per la parte finale del percorso, non ho ancora capito bene dove…


Prima tappa: Macugnaga (1346 mt.) - Monte Moro (2803 mt) - Saas Almagell (1670 mt)

Km. 14 - dislivello 1125 mt. in discesa

La partenza è la stessa di due anni fa, la pasticceria Lamperti dove facciamo colazione. La prima destinazione è Macugnaga, dove ci organizziamo x il ritorno lasciando le due auto in due posti diversi.

Essendo la prima tappa piuttosto lunga, decidiamo di prendere la funivia che dal centro di Macugnaga ci porta al rifugio Oberto Maroli. Qui saliamo una scala fissata sulla roccia che ci porta al Passo Moro dove si trova una gigantesca statua dorata della Madonna… un po’ più grande, no? questo è il confine tra Italia e Svizzera. A partire dal passo parte una lunga discesa che ci porta ad una diga che chiude il lago di Mattmark. Qui c’è anche una targa che ricorda una tragedia avvenuta nel 1965 in cui si staccò una valanga travolgendo gli operai del cantiere sottostante.

Sia Macugnaga che la valle di Saas sono due simboli del mondo walser, popolazioni che già dal XII e XIII secolo si stabilirono in queste vallate. Nel corso del TMR avremo modo di percorrere i passi che i walser utilizzarono per venire a colonizzare un pezzo delle Alpi italiane, il passo Moro, il passo Teodulo e il passo del Turlo.

A differenza di due anni fa, fin da subito quindi da Macugnaga, abbiamo modo di vedere il Rosa, in particolare la sua famosa parete est. Salendo in funivia si ha modo di ammirare la bellissima chiesa del 1300 e con il famoso tiglio antistante, che vede e osserva la vita di questa comunità da ben 5 secoli.


Scendendo verso il lago abbiamo notato una cosa curiosa: alcune mucche scavano forsennatamente la terra, creando delle buche. Il motivo ci è assolutamente sconosciuto… abbiamo scoperto che sono mucche destinate anche al combattimento per decidere chi prevale nell’alpeggio.

Troviamo il nostro albergo proprio all’inizio dell’abitato di Saas Almagell. Albergo molto confortevole. Ottima scelta. Alla fine la nostra valutazione della cena di Corinne è 8.

Seconda tappa: Saas Almagell (1670 mt) - Saas Fee (1804 mt) - Grachen (1637 mt)

Km. 27 - D+ 1200 mt - 9 ore di cammino


Partiamo dalla pensione e in circa un’ora raggiungiamo Saas Fee, considerata la perla delle Alpi. È un paese carino, fatto di case di legno che sono o alberghi o seconde case, distribuite ai lati del fiume che lo attraversa. Ma la particolarità è che è un paese dove non sono permesse le auto. L’unico modo x circolare, oltre ai piedi e alle bici naturalmente, sono dei piccoli pulmini elettrici generalmente degli alberghi. Molto pittoresco. Già dal paese abbiamo modo di ammirare le vette innevate: Mitschabel, Dom, Lagginhorn.


Dopo aver fatto la spesa x il pranzo, prendiamo il sentiero che ci allontana dal paese e sale in maniera costante. Oggi la tappa è una sorpresa x tutti: dovevano essere 750 metri circa di dislivello in salita e alla fine diventano 1200; dovevano  essere 23/24 km e alla fine saranno 27… il sentiero è molto lungo e ci propone costantemente dei saliscendi che mettono a dura prova la ns resistenza. Il percorso è su una lunghissima cengia, a volte anche molto esposta, e i costoni che alla fine superiamo sono infiniti…
Ogni tot troviamo il cartello “pericolo scottante di cadutto massi”. Bastava Google translator…

L’ambiente però è molto bello e poi, mentre si prosegue, cambia prospettiva e quindi ci si apre davanti la catena dell’Oberalp e la valle del Rodano. Tra le cime riconosciamo: Weissmies, Strahlhorn, Allalinhorn, Alphubel… probabilmente ho mischiato quello che abbiamo visto prima e quello che abbiamo visto dopo, ma va bene così…


Dopo 8 ore di cammino impegnativo, ci troviamo a Hannigalp, dove parte una funivia che porta al paese di Grachen, la nostra meta, facendo risparmiare un’ora di cammino. Io decido di prenderla e di risparmiare almeno quest’ultimo sforzo alle mie ginocchia.  Per arrivare all’albergo devo ancora risalire dal paese x un po’… l’albergo è davanti ad un bel laghetto, molto tranquillo. Rispetto alla cena anche stasera non possiamo lamentarci: ci viene servita la chinoise che (scopro stasera) è come la bourguignonne ma con il brodo invece dell’olio e poi sia con la carne che con il pesce.

Terza tappa: Grachen (1637 mt) - Herbriggen (1300 mt circa) - Europahutte (2220 mt.)

Km. 18 - D+ 1400 (almeno) - cammino 8 ore e mezza

Lasciamo la pensione di Grachen dove a colazione una autentica megera controlla che la gente non si fa i panini per poi imboscarli… attraversiamo il paese ma, rispetto alle guide, dobbiamo modificare il percorso perché quello originario è franato tempo fa. Questo ci obbliga a scendere ancora un po’ lungo la vallata e a perdere quota e soprattutto a non vedere la bella statua di San Bernardo che accoglie e saluta i viandanti.

Come sempre il sentiero è molto bello e attraversa i boschi e ci permette per un po’ di camminare all’ombra. Anche oggi la giornata è molto calda, troppo, e parte della sofferenza è dovuta al caldo quasi insopportabile. Bisogna fare molte soste x rinfrescarsi  e bere; fortunatamente i ruscelli sono molti e la scorta d’acqua non si esaurisce mai. Oggi lo zero termico era 5300 mt…

Fin da Grachen le indicazioni sono per Europaweg, un itinerario escursionistico del Vallese. Il sentiero infatti è molto ben manutenuto e alcuni punti che potrebbero essere ostici da superare sono attrezzati con scale. In particolare notevole un scala che supera un torrente e si innalza sulla parete. 


Raggiunto il paese di Herbriggen il sentiero si innalza in maniera molto decisa e non perde quella pendenza fino a mezz’ora dal rifugio.

L’Europahutte si trova in una bellissima posizione, con una terrazza che si affaccia sulla vallata di Zermatt. Davanti abbiamo la Weisshorn, lo Zinalrothorn con i relativi ghiacciai. A sinistra i Breithorn e il piccolo Cervino.


La cena è da tipico rifugio svizzero: minestra x tutti e per i vegetariani un piatto con riso, curry, zucchine e funghi. Apprezziamo lo sforzo.

Quarta tappa: Europahutte (2200 mt) - Zermatt (1620 mt)

Km. 23,50 - D+ 826 mt - 8 ore 45 minuti

Il sentiero che parte dall’Europahutte scende per un po’ fino ad incontrare una grande valanga di sassi che da qualche anno è stata bypassata da un ponte tibetano lungo quasi mezzo km., che gli svizzeri millantano essere il più lungo al mondo. In effetti è abbastanza impressionante, per percorrerlo tutto ci mettiamo 8 minuti e mezzo. 


Passato il ponte proseguiamo seguendo l’europaweg, il sentiero che ci accompagnerà x tutto il giorno fino a Zermatt. È un sentiero che dopo essere salito rimane all’incirca in costa fino a sopra Zermatt; dico all’incirca perché  qui i sentieri in costa sono un continuo su e giù e non danno mai tregua.

Anche oggi il sole è a picco sopra di noi e rimane una variante non da poco…

Dopo un po’ inizia a sbucare la punta del Cervino e poi il versante del Rosa, con Castore e Polluce, ecc. Il Cervino a questo punto diventa la nostra stella polare.


Facciamo la pausa pranzo in un bel paesino… ma non troppo lunga perché mancano ancora tre ore di cammino. 

Raggiunta Zermatt ci dirigiamo verso il nostro ostello davanti alla stazione dei treni e infatti si chiama Hotel Banhof. Molto carino e accogliente e soprattutto in centro. Anche Zermatt come Saas Fee è un paese  car-free. Chi vuole venire qui può arrivare a Task e poi prende il treno x arrivare in paese, dove si gira solo con taxi elettrici o i pullmini elettrici degli alberghi.

A differenza di Saas Free questo è un paese molto più orientato sul turismo internazionale; ci sono miliardi di boutique e miliardi di cinesi (soprattutto). Anche il ns ostello ne è pieno. Ricorda molto Chamonix, visitata durante il Tour del Bianco.

Prima di cena ci concediamo un aperitivo fuori dall’albergo (con vino, formaggio e patatine portate negli zaini in questi giorni) e poi una “vasca” in paese, giusto x respirare un po’ d’aria internazionale. Dopo aver studiato tutti i ristoranti del posto e aver visto che i prezzi sono diciamo impegnativi, ci fermiamo al ristornate della stazione dove comunque facciamo una buona cena. Domani usciremo dalla Svizzera, paese costosissimo! Con l’aggiunta delle consumazioni i prezzi degli alberghi/rifugi sono lievitati oltremodo.

Quinta tappa: Zermatt (1600 mt) - Furi (1860 mt) - Trockener Steg (2900 mt) - Rifugio Teodulo (3300 mt)

D+ 1700 - km. 13 - ore 5,5

Oggi è il giorno della tappa alpinistica ma prima di arrivare sul ghiacciaio che porta al Passo del Teodulo bisogna farsi 1300 mt di dislivello. Io e Barbara decidiamo che oggi è giornata scialla (più o meno…); quindi mentre gli altri faranno tutto il percorso a piedi, noi due facciamo i 200 mt di dislivello che ci portano al primo troncone di funivia. Con la funivia raggiungiamo quindi Trockener Steg da cui inizia il ghiacciaio. Mentre aspettiamo gli altri, osserviamo tutta la fauna che ci circonda: non solo cinesi con ombrellino ma un sacco di gente il cui unico obiettivo è arrivare fino a qui, anche in ballerine o coi pantaloni in lattex…

La salita in funivia è stata accompagnata dal Cervino che svetta alla nostra destra e sembra sovrastarci. Si vede molto bene il rifugio Hornli, sulla via normale Svizzera. Poi la funivia gira e alla nostra sinistra vediamo il Rosa e tutti gli altri 4mila che gli fanno da corollario.

Arrivato il resto del gruppo e dopo la pausa pranzo, saliamo di poco e poi, indossati i ramponi, risaliamo il ghiacciaio seguendo la pista da sci. Intorno è un tripudio di lavori in corso, ruspe, coperte che coprono la neve o quel che rimane, elicotteri che trasportano materiale su e giù; davanti a noi c’è un intreccio di funivie, ad es quella che sale al piccolo Cervino e quella nuova di zecca che arriva da Cervinia, per collegarla a Zermatt.

Il rifugio Teodulo è giusto sul confine tra Italia e Svizzera ma è del Cai Torino e si paga in euro. Quindi siamo tornati in Italia.


Appena arrivati veniamo subito cazziati dalla rifugista perché siamo saliti non in cordata ma dotati di ramponi/ramponcini. Ci dice che ogni tot deve andare a recuperare qualcuno che è caduto in qualche buco e quindi la corda è necessaria. Noi leggendo qua e là avevamo valutato che bastava una corda per sicurezza (che non abbiamo usato) su una pista da sci costantemente battuta dal gatto delle nevi. Ci prendiamo la ns cazziata e torniamo umili fruitori della natura.

Essendo arrivati presto al rifugio abbiamo tempo di fare un piccolo bucato e lavarci a pezzi. Ovviamente a questa quota niente doccia, niente Wi-Fi ma una sala da pranzo panoramica da urlo! Qui sotto nella foto vedete il profilo della cresta del Cervino.


La cena si svolge con il Cervino a destra e il sole che si abbassa dietro le montagne di fronte a noi.


Peccato che quel rifugio è destinato probabilmente a crollare, visto che il ghiacciaio si sta sciogliendo e la montagna su cui si trova sta cedendo un po’ alla volta…

Sesta tappa: Rifugio Teodulo (3317 mt) - Laghi delle cime bianche (2808 mt) - Pian di Verrà - Rifugio Ferraro (2066 mt)

Km. 17 - D+362 mt - D- 1500 mt

Tutta la prima parte della discesa, dal Rifugio ai Laghi delle Cime Bianche, è sulla carrrozzabile utilizzata dai mezzi che lavorano al cantiere sottostante. Non è molto chiaro (almeno a me) a cosa stiano lavorando ma decisamente stanno facendo qualcosa di imponente… nel frattempo mi sono informata: producono calcestruzzo da trasportare alla funivia del Testa Grigia.


Quindi la prima parte del cammino è molto deprimente… fortunatamente dopo i laghi il paesaggio cambia e diventa una bellissima vallata, con fiumi e ruscelli che scendono da ogni dove. In questo tratto i segnali del TMR si sovrappongono a quelli del GSW, il gran sentiero Walser.

Nel pomeriggio danno pioggia però ci concediamo lo stesso un pediluvio in un bellissimo laghetto. Il sentiero è quasi sempre in discesa ma, nel tratto appena precedente il rifugio, il sentiero si innalza e ci “regala” una salita inaspettata. Però almeno arriviamo giusto 5 minuti prima che arrivi un breve temporale.

Il rifugio è gestito da un gruppo di giovani molto efficienti. La cena è molto buona (io direi voto 9) e l’accoglienza pure. Sembra un rifugio abbastanza frequentato, non solo ovviamente da quelli del TMR. Incontriamo una signora che avevamo già visto al Teodulo, svizzera tedesca, sola, probabilmente sopra i 60, molto tonica!

L’abitudine che di solito si crea quando si fa un cammino, cioè quella di incontrare le stesse persone nel corso delle tappe, nel nostro caso non è stata molto frequente; non so se è stato il caso o forse non sono poi così tante le persone che fanno il TMR.

Oggi ci hanno raggiunto Paolo (conoscenza del TMB) che concluderà con noi il tour e Federica, moglie di Andri, che purtroppo domani torna a Champoluc.

Settima tappa: Rifugio Ferraro (2066 mt) - Colle Bettaforca (2675 mt) - Sant’Anna - Stafal (1818 mt.) - Passo dei Salati (2936 mt)- Alagna (1191 mt)- Rifugio Pastore (1575 mt)

D- 1800 D+600 km. 6,8 +9km

Lasciamo il rifugio Ferraro e iniziamo una salita rapida sotto la funivia fino al Colle Bettaforca. Lungo la salita salutiamo Federica che torna a valle e in città , portando con sé ramponi e corda, così almeno per due giorni abbiamo un peso in meno.

Poi invece si inizia a scendere, sempre lungo una strada carrozzabile fino alla località Sant’Anna, appena sopra Staffal/Gressoney. Decidiamo di fare quel pezzo in funivia perché nel pomeriggio forse ci insegue un temporale e quindi è meglio accorciare i tempi.

Come già previsto, considerato che oggi dobbiamo passare dalla valle d’Ayas (Champoluc), alla valle del Lys (Gressoney) alla Valsesia (Alagna), prendiamo gli impianti che da Stafal, passando per Gabiet, arrivano al Passo dei Salati, a 2936 mt. Ormai abbiamo lasciato il Cervino che per un po’ ci aveva accompagnato di fianco al Rosa. Infatti questi due Tour si incrociano per un po’. Adesso abbiamo “solo” il Rosa con le sue vette che cerchiamo di riconoscere a mano a mano che ci giriamo attorno.

Qui alcuni di noi (io, Barbara e Antonella) valutiamo che 1400 metri di dislivello in discesa sono troppi per le nostre giunture e quindi arriviamo con comodo ad Alagna tramite la funivia. Qui inaspettatamente io trovo la mia amica Giovanna che qui ha casa e Barbara una sua amica di infanzia. Dopo ci dirigiamo verso il rifugio Pastore dove passeremo la notte, prima a piedi e poi con la navetta per evitare asfalto inutile. L’ultima mezz’ora attraversa il bosco. Durante il tragitto ci concediamo una sosta alla casa del Parco dell’alta Valsesia, con una serie di animali imbalsamati, e infine raggiungiamo il Pastore.

Insomma, oggi per alcune di noi è stata giornata abbastanza scialla, per gli altri invece è stata decisamente più impegnativa. Ma domani ci aspetta un’ultima tappa importante che non si può bypassare in nessun modo e quindi meglio essere in forma.

Il rifugio Pastore ci riserva una cena strepitosa che merita l’unico 10 del TMR! È talmente abbondante che rotoliamo in camera… durante la cena si scatena un temporale notevole che poi prosegue anche durante la notte. Avevamo visto che il tempo era in peggioramento e domani rischiamo di prendere maltempo in discesa. Quindi si parte un po’ prima e poi si vedrà… è comunque l’ultima tappa: il bucato non deve asciugare e dobbiamo tornare a casa.

In serata arrivano due ragazzi che stanno facendo il Sentiero Italia. Sono partiti circa un mese fa da Trieste. Nonostante il temporale dormono all’aperto però almeno sotto una tettoia. Evidentemente devono risparmiare…

Ottava tappa: Rifugio Pastore (1575 mt) - Passo del Turlo (2738 mt)- Macugnaga (1200 circa)

Km. 22 - D+ 1133 - D- 1460 - tempo 8 ore 30 minuti


Ultima tappa! Oggi è la giornata del Turlo! Avevo proposto questa gita in sociale l’anno scorso, da Macugnaga ad Alagna. Oggi la farò al contrario. Foto di rito al rifugio con il Rosa dietro e si parte!

Al mattino il tempo sembra tenere e la salita è molto bella; seguire questo serpente in pietra che sale lentamente e gradatamente permette di camminare sulla storia, la storia dei Walser che per primi aprirono questa “porta” di passaggio e degli alpini che hanno sistemato questo sentiero negli anni ‘20-‘30 del secolo scorso, posizionando una serie di pietre a mo’ di gradini.


La temperatura oggi è decisamente più fresca e quindi si cammina più spediti. In tre ore siamo al passo del Turlo a 2738 metri, dove tira un’arietta fresca… il tempo di fare la foto e scendiamo.


Il maltempo ormai ci insegue, le nuvole ci stanno addosso. Il tempo di raggiungere il nuovo e bel bivacco Lanti, circa 600 metri più sotto, e inizia a piovere. Il bivacco almeno ci concede un riparo per la pausa pranzo. Indossati coprizaino e giacca riprendiamo la discesa che è decisamente più lunga sul lato della val Quarazza, cioè di Macugnaga, sia in termini di sviluppo e quindi di km che di dislivello.

La pioggia ci accompagna più o meno per tutta la discesa, lungo la quale incontriamo fiumi decisamente ingrossati e i resti delle miniere d’oro che qui hanno dato lavoro fino agli anni 40-50. In località Lago delle Fate c’è un insediamento chiamato “città morta”. Non ci sono più minatori ma c’è una bacino con rifiuti tipo arsenico e altre cose simpatiche…

La lunghissima discesa finalmente finisce in località Iselle, dove recuperiamo un’auto e poi anche la seconda. Ci concediamo una sosta in una pasticceria di Macugnaga e chiudiamo questo TMR con la foto di rito nella piazza. 

Cosa dire di questo tour del Monte Rosa? Decisamente è stato più faticoso e impegnativo di quello del Bianco, tappe più lunghe, dislivelli più impegnativi e sicuramente il fattore caldo che ha inciso non poco, anche se ci ha permesso di godere del bel tempo praticamente x tutto il cammino.

Avere buona parte del Tour in territorio svizzero ha decisamente influito sul budget. 

Ma la conclusione vera è che camminare in compagnia è più bello che camminare da soli.


sabato 5 agosto 2023

Agosto 2023 - Ravenna e il Delta del Po

Prologo. Qualche giorno fa sono andata con un amico a fare una perlustrazione nel Parco del Monviso e non ho ovviamente mancato di andare a vedere le sorgenti del Po, in località Pian del Re. Oggi, a distanza di qualche giorno, mi ritrovo invece alla foce di questo fiume che, quando inizia ad essere popolato, è chiamato Eridano.

Da qualche anno non venivo a farmi qualche giorno al mare dalla mia amica Cristina, che ha la casa sulla riviera romagnola in località Marina Romea, ancora nel comune di Ravenna. In questi giorni il meteo non è decisamente favorevole alla discesa in spiaggia, in poche parole piove. Decidiamo quindi di darci al turismo. La prima tappa, già programmata a casa, sono i famosi mosaici di Ravenna, che io vidi una volta in maniera superficiale. Questa volta decido invece di aderire all’iniziativa Mosaici di notte, perché la visita guidata si tiene alla sera.


Prima dell’appuntamento ci dedichiamo quindi a un po’ di shopping nel centro storico e soprattutto ad un aperitivo. Anche qui a Ravenna, come ho già visto (con ottimi risultati) a Milano e Firenze con i Mercati Centrali, hanno ristrutturato il vecchio mercato coperto che adesso è diventato un luogo di degustazione di piatti tipici e anche - credo - per conferenze o incontri. Ci infiliamo quindi in questo bellissimo edificio e tra la piadina (con una serie infinita di farine) e il pesce, scegliamo quest’ultimo, fritto e servito con un ottimo vino bianco locale. Ora siamo pronte per la cultura.


La città di Ravenna ha una storia veramente lunga e maestosa, che parte dal 5 secolo d.C., quando era capitale dell’Impero romano d’Occidente, poi del regno Goto di Teodorico e poi dell’Impero bizantino fino all’8 secolo quando fu espugnata dai Longobardi, per infine diventare parte dello Stato della Chiesa fino all’Unita’ d’Italia. 

Non si può inoltre dimenticare che questa è la città dove Dante ha vissuto i suoi ultimi anni e infatti anche la sua tomba si trova in questa tutto sommato circoscritta parte della città dove si trovano i principali monumenti. Ravenna era la città della famiglia Da Polenta, la cui figlia Francesca fu data in sposa,  per alleare le due famiglie, a Gianciotto Malatesta. Come dimenticare i due amanti Paolo (fratello di Gianciotto) e Francesca uccisi dal marito/cognato e descritti magnificamente dal Poeta nel V canto dell’Inferno. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse…

La nostra visita guidata comprende: il Mausoleo di Galla Placidia, la Basilica di San Vitale, il museo Nazionale e la domus dei tappeti di pietra.

L’abside della Basilica di San Vitale è coperta di mosaici fatti in vetro o materiali preziosi. A febbraio sono stata a Palermo e anche lì ho avuto modo di vedere delle opere incredibili (tra tutti il Cristo Pantocratore di Monreale) ma questi non sono da meno con la qualità dei particolari e i colori vivissimi. Quello che caratterizza non solo questa chiesa e non solo questa città ma tutte le città e i monumenti della zona è l’acqua, a causa delle presenza di falde acquifere sottostanti, il rischio di infiltrazioni, il cedimento dei pavimenti e ultimamente anche le alluvioni causate dai cambiamenti climatici.

Il mausoleo di Galla Placidia fu ordinato dalla figlia di Teodosio e sorella dell’imperatore ma poi non vi fu mai sepolta. È un piccolo gioiello anch’esso mosaicato e con una volta stellata unica.


Dopo un giro abbastanza veloce al museo nazionale chiudiamo la nostra visita con uno dei massimi gioielli artistici della città, una domus romana trovata durante lo scavo di un parcheggio, completamente coperta di mosaici (i tappeti di pietra, appunto), dove è possibile vedere la suddivisione degli spazi casalinghi, persino l’impronta del cane di casa. Anche questo sito mi riporta ad un ricordo siciliano, la villa romana del casale a Piazza Armerina.

Il giorno successivo piove ancora e quindi la spiaggia rimane lontana. Appena sembra spiovere, nonostante rimangano in lontananza grigi nuvoloni minacciosi, partiamo destinazione Comacchio.


Innanzitutto scopro che il Delta del Po è una zona vastissima che comprende parte del Veneto e parte dell’Emilia-Romagna e ora è una riserva di Biosfera riconosciuta dall’Unesco. È la nostra meta di oggi è solo uno dei 7 Delta del Po che viene chiamata le valli di Comacchio (provincia di Ferrara).

La storia di Comacchio affonda nel tempo antico, in quanto situata in una zona strategica per i traffici commerciali verso l’Oriente. Nel corso dei secoli qui si sono stabilite le antiche popolazioni italiche, prima gli etruschi che fondarono la città di Spina, di cui rimangono degli scavi archeologici i cui reperti sono a Ferrara, e poi i romani che fondarono uno dei più importanti porti del mediterraneo, il porto di Classe in località Ravenna. Anche oggi è riaffiorato un vecchio ricordo che era una vecchia abitudine: io e Cristina che giriamo per musei. La storia e l’archeologia ci hanno sempre appassionate!

La storia di questo territorio è splendidamente descritta e raffigurata nel Museo Delta Antico, allestito in un ex  ospedale del ‘700. Qui si trovano reperti sia etruschi che romani, una bellissima e ricca ricostruzione della vita nella città etrusca di Spina e tutti gli oggetti trovati su una nave romana affondata nelle acque antistanti la città e ora perfettamente conservati. Tutti questi resti che arrivano dal passato sono uno spaccato della globalizzazione nell’epoca antica, dimostrano come questi popoli comunicassero, commerciassero e si influenzassero vicendevolmente.

Non si può non salire sul famoso ponte Trepponti con le sue 5 scalinate. Questo e altri ponti distribuiti nel centro storico fanno capire come queste città lagunari (non solo Venezia) utilizzassero soprattutto l’acqua come mezzo di comunicazione e come l’acqua, sia dolce che salata, fosse una costante della vita quotidiana di queste popolazioni.

In queste terre le principali fonti furono il sale e le anguille, che ancora adesso tornano in queste acque dopo essere andate a riprodursi del Mar dei Sargassi. In queste zone si producono anche dei vini, detti vini delle valli. Come degna conclusione della giornata quindi io e Cristina ci concediamo in un negozio di prodotti tipici un aperitivo con pesce marinato (anguilla compresa) abbinato ad un tipico vino delle valli e dal classico pane ferrarese.



giovedì 27 luglio 2023

giovedì 1 giugno 2023

Trekking nelle colline del Verdicchio 1-4 giugno 2023

L’itinerario pensato da me e Nadia per questo ponte del 2 giugno ci porta nelle Marche, in particolare nella zona di Jesi, che sarà il nostro campo base. Con questo ponte abbiamo azzardato nell’aggiungere un giorno feriale, vista la distanza tra noi e le Marche. È andata bene a tutti tranne che a me, visto che mi tocca fare la presidente di commissione d’esame anche il primo del mese, cioè oggi. Ma dopo aver assolto i miei obblighi a Milano, riesco a partire e a raggiungere il gruppo per l’ora di cena. Mi sono quindi persa la visita guidata a questa ridente cittadina. Cercherò di scoprirla una di questa sere…

Questo trekking si inserisce come sempre all’interno della programmazione del Cai Varese 2023. In poco tempo abbiamo raggiunto 20 persone iscritte, il nostro numero massimo. L’età media quest’anno si abbassa anche grazie al fatto che abbiamo due famiglie con i due figli, Andrei e Amelia.

2 giugno, festa della Repubblica 

Giro ad anello da Cupramontana, km. 12, dislivello positivo circa 500 mt.

La giornata di oggi inizia nella capitale del Verdicchio, Cupramontana, che raggiungiamo solo grazie a dei taxi, visto che oggi tutti i pullman sono soppressi per la festività…

Già nel viaggio di avvicinamento abbiamo modo di vedere le verdi colline attorno Jesi in cui si alternano ulivi e ovviamente vigneti. Qui siamo a circa 500 metri di altitudine.  La piazza di Cupra è un piccolo gioiello racchiuso da tipiche case in mattoni con un imponente portale di ingresso. La nostra guida Laura ci introduce nel mondo delle colline del verdicchio dove, quando si parla di castelli del Verdicchio, si intendono i Borghi circondati da mura. Più tardi una delle persone che lavora alla cantina ci dirà che bisognerebbe identificare tutti i tipi di Verdicchio della zona e dare loro un nome diverso x caratterizzare meglio questo tipo di vino. Insomma dire solo Verdicchio è troppo generico. 

Dopo aver fatto un giro nel borgo e aver apprezzato la presenza del museo internazionale dell’etichetta (ovviamente sulla bottiglia di vino), usciamo dal paese in direzione Abbazia del Beato Angelo, una persona uccisa nel ‘400 perché andava in giro nelle campagne a dire che la domenica non si lavora.

Questa abbazia, ora camaldolese, è stata un tempo molto potente (come quasi tutte le abbazie) perché si usava donare ricchezze, terreni, ecc ai monaci che, in cambio, pregavano per l’anima di chi donava. Soprattutto coloro che morivano in battaglia senza aver avuto il tempo di pentirsi dei loro peccati. Sembra avere origini databili all’XI secolo. Notevole il chiostro interno… e anche l’accetta con cui hanno ucciso il nostro Beato Angelo.


Ci lasciamo l’abbazia alle spalle e imbocchiamo poco dopo una strada sterrata, tutta bianca, che emerge visibilmente dal verde delle colline anche da lontano. Cupramontana si trova sul ciglio di quello che potremmo definire un grande catino, la conca della Cesola, dentro il quale il nostro sentiero scende per poi risalire, spesso con pendenze elevate. Questa mattina il sole è veramente caldo e questo influisce assai sulla nostra prestazione, anche dei nostri giovani escursionisti.

Una volta risaliti sul ciglio della conca, ci fermiamo a pranzare in località San Michele. Poi riprendiamo il cammino e un’ultima salita impervia ci riporta a Cupramontana dove si chiude il nostro anello.

L’ultimo pezzo di itinerario, circa due km, è una lunga discesa che ci porta alla Cantina Sparapani Frati Bianchi, azienda familiare di produzione del verdicchio. Il tempo di entrare in cantina e fuori si scatena un bel temporale. Dopo aver visitato la cantina inizia la degustazione di tre vini bianchi, a mio parere molto buoni. Dopo doverosi acquisti, grazie a nostri tassisti che scopriamo essere rumeni torniamo in albergo e la giornata finisce anche stasera con un’ottima cena.

3 giugno


La mattina è dedicata ad una meraviglia della natura, le Grotte di Frasassi. Dopo il doveroso avvicinamento fatto in treno (che rischiamo di perdere a causa di un addetto alla biglietteria a dir poco imbranato) e poi a piedi, un bus ci conduce all’imbocco delle grotte dove ci aspetta la nostra guida. Noi visiteremo solo 1 dei 35 km di grotte scoperte in questo angolo di Marche da un gruppo di giovani e arguti speleologi. La prima delle 6 sale visitate è quella più impressionante; è talmente grande che ci potrebbe stare il Duomo di Milano! La fantasia ha dato alle grotte e alle sue stalattiti e stalagmiti i nomi più svariati ma niente può lasciare immaginare lo stupore che devono aver provato questi ragazzi che nel 1971 sono scesi e hanno illuminato per la prima volta questa grotta.

Usciti dalle grotte ci spostiamo verso l’abbazia di San Vittore delle chiuse (200 mt.) dove facciamo la pausa pranzo.

Sentiero dell’aquila, km. 8, dislivello positivo 660 mt.

Subito dopo inizia il nostro cammino che, una volta attraversato il fiume Sentino grazie ad un ponte romano, sale velocemente al punto in cui inizia il nostro giro ad anello attorno al Monte La Croce, a quota 600.


Siamo nel Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi. Questo itinerario si chiama sentiero dell’aquila e ci porta ad un rifugio della guardia forestale (che poi ci dicono essere invece privato). Il sentiero prosegue un po’ su e giù e passa vicino ai villaggi di Pierosara, Cerqueto, Vallemania. Da un po’ ci inseguono le nuvole e dei lampi che sentiamo in lontananza. All’altezza di Rosenga, quando manca veramente poco alla conclusione del nostro anello, si scatena un fortissimo temporale, con anche alcune scariche di fulmini. Per un po’ camminiamo ma, in vista di Rosenga, decidiamo di uscire dal sentiero e rifugiarci sotto un chiesa. Da qui l’unica possibilità è chiamare dei taxi che ci riportino alla stazione. E così decidiamo di fare. In questi paesi vivono pochissime persone (in questo 15) e trovare un passaggio alternativo è una impresa. La signora che ci accoglie sotto il suo balcone non ci fa neanche entrare nel suo garage… Alla stazione veniamo accolti (tassista compreso) al bar dove scopriamo che ci sono stati molti problemi in zona Fabriano e sulla linea ferroviaria che ci interessa, da e per Roma. Il rischio è di aspettare un treno che se va bene ritarda di almeno 90 minuti e se va male non passa proprio. Ergo? La soluzione è di nuovo un taxi che a questo punto ci riporti all’albergo. Anche questa volta la decisione è molto ponderata ma l’incertezza è troppa e vogliamo tornare in hotel; decidiamo che per oggi l’avventura è sufficiente. 


Nel pomeriggio i due papà con i due figli sono andati in modalità autogestione a Fabriano al museo della carta, dove i due bimbi hanno fatto un laboratorio in cui hanno prodotto dei fogli di carta. 

A cena ci aspetta la torta fatta preparare per il compleanno (domani) di Andrei.

4 giugno

Conero, 6 km., dislivello positivo 350 mt.

Questa mattina il temporale è sparito e di nuovo c’è il sole. La giornata inizia con uno spostamento; abbandoniamo Jesi per dirigerci verso il Conero e quindi il mare. L’autista ci preleva all’albergo e ci porta in località Poggio dove inizia il nostro sentiero. Siamo nel Parco Naturale Regionale del Conero. L’obiettivo è camminare sopra il mare e godere di questo bosco molto variegato e mediterraneo. La prima tappa è il Belvedere Nord da cui si gode la prima vista sul mare. Il sentiero prosegue verso Piano Reggetti, un altro punto panoramico. Il sentiero è molto (direi anche troppo) frequentato da ciclisti e anche qualche escursionista. C’è anche un gruppo che fa una  strana danza con un urlo mantrico… qualcuno li definisce “scappati di casa”!


Oggi il gruppo è compatto ed energico, quindi il giro ad anello viene svolto in un tempo inferiore. Questo ci consente di fare una deviazione non prevista verso Sirolo, paese medievale considerato la perla del Conero. Non è a livello del mare ma posto sopra una scogliera con vista sulla costa. Possiamo quindi permetterci di fare un giro per il borgo, fare un aperitivo, fare un po’ di acquisti al mercatino della Coldiretti e rilassarci un po’ prima di andare alla volta della stazione di Ancona.


Si torna a casa. Il treno subisce un ritardo di più di un’ora e anche il ritorno a casa è una mezza avventura lunga e tortuosa!in serata la chat si attiva per l’ultima volta: siamo tutti a casa!


giovedì 6 aprile 2023

Via degli dei - 6-11 aprile 2023

Bologna-Firenze 136 km, dislivello +4300 circa

Dopo la Pasqua dell’anno scorso è tornata la tradizione di fare un viaggio/cammino (che in passato è stato anche una biciclettata), appunto nel periodo pasquale. Del resto il clima ci dice instancabilmente e indelebilmente che sarà sempre più difficile fare un cammino in estate, a meno di andare in quota. Ecco quindi l’idea di proporre un itinerario per la Pasqua 2023 tra i più gettonati in Italia e tra i miei desiderata da tempo: la via degli dei che collega Bologna a Firenze.

Quest’anno i compagni di viaggi sono Carlotta e Damiano, inaspettatamente diventati appassionati di cammini, e Federica, amica ed ex collega insegnante.

Innanzitutto diciamo che la via degli dei trova le sue origini nell’antica epoca romana, quando i romani nel 187 a.C. Ripresero una via etrusca e la sistemarono chiamandola Flaminia militare, per collegare Arezzo a Roma attraverso gli Appennini.

Riscoperta negli anni ‘80 da escursionisti bolognesi ma - ci dicono i locali - ancora prima da tedeschi che passavano di qui alla scoperta di questi territori.



1 tappa: Bologna- Badolo  25 km, dislivello +800 mt.

La prima tappa parte dal centro di Bologna, subito dopo aver recuperato la credenziale del cammino che testimonierà di averlo fatto tutto, e precisamente da piazza Maggiore davanti alla cattedrale di San Petronio. Dopo esserci allontanati dal centro, usciamo da Bologna e imbocchiamo il porticato di San Luca, lungo circa 4 km e ora riconosciuto Patrimonio dell’Unesco, alla fine del quale si giunge alla chiesa di San Luca, posta su una collina che domina la città. Gli archi del portico sono 666 come il numero del diavolo, dice la guida… qui si teneva un tempo una lunga processione. L’interno della chiesa non è un granché ma la vista dal giardino prospiciente è notevole.



Dopo una breve sosta (in cui dimentico gli occhiali da vista sulla panchina…) ripartiamo in direzione Casalecchio di Reno. Il sentiero scende velocemente e ci porta al Reno che costeggiamo per un po’ di km.

Nel frattempo abbiamo già incrociato molti camminatori (mi viene da chiamarli pellegrini anche se questo non è un cammino religioso), quasi tutti ragazz* in età universitaria. Dopo aver attraversato un’oasi ( in cui io trovo un paio di occhiali da vista, più belli dei miei che mi vanno benissimo per leggere da vicino con le lenti), facciamo una piccola deviazione per vedere il ponte di Vizzano, un ponte molto bello di inizio ‘900, fatto costruire da una maestra che voleva che i suoi alunni andassero a scuola senza impedimenti, come ad esempio le piene del fiume.



Dopo un tratto su asfalto ritorniamo sullo sterrato e la strada inizia a salire in maniera costante. La tappa finisce sulla cima di un colle. Nel frattempo attorno si stendono le colline bolognesi. Ad un certo punto vediamo il cartello Nova arbora, il nome del ns agriturismo, una bella casa immersa in un giardino botanico. Anche gli interni non tradiscono la bellezza esterna e il contesto è decisamente rurale.

Ma la sorpresa di oggi sarà la cena. Abbiamo scelto una Hostaria a circa un km e mezzo da dove dormiamo. Alla modica cifra di 3€ ci facciamo accompagnare e venire a prendere. Antipasti tipici bolognesi (simil gnocco fritto), primi e dolci fatti in casa. Una cena superba, degna di questa tappa che si è allungata più del previsto.

Clima oggi caldo, solo a tratti fresco. Assenza di nuvole.

Qui all’uscita del primo agriturismo.

2 giorno: Badolo- Madonna dei fornelli 28 km. Dislivello +1200

La prima parte di questa tappa ci porta alla famosa Roccaforte del Pliocene, una conformazione di roccia posta in mezzo alla vallata che parte da Sasso Marconi per 15 km. Tra i 2 i 5 milioni di anni fa qui c’era il mare, un clima tropicale e la Pianura Padana era ben lontana dal formarsi. Adesso c’è questa roccia a cui è stato dato il nome di Monte Adone. Si chiama Riserva Naturale Contrafforte Pliocenico. Il monte Adone è alto 655 metri e spazia sulla valle da cui arriva il rumore della autostrada. Questo e altri monti, come il monte Venere, portano il nome di antiche divinità ed è il motivo per cui a questo cammino è stato dato il nome di via degli dei.


Il sentiero che porta alla cima è piuttosto ripido e quindi abbastanza velocemente si percorrono i 300 mt di dislivello. Dalla vetta si scende di nuovo a valle per raggiungere il paese di Monzuno. Usciti dallo sterrato molti si fermano alla fermata del bus per evitare l’asfalto o perché sono visibilmente provati. Noi invece siamo duri e puri e percorriamo faticosamente gli ultimi 5 km che ci separano dalla nostra pausa pranzo. Arriviamo abbastanza provati ma siamo solo al sedicesimo km. Ci infiliamo nel primo ristorante che troviamo (non che ce ne siano tanti) e sembriamo catapultati negli anni ‘60, forse anche in un libro di Guccini-Macchiavelli. A parte un gruppo di ragazzi americani, gli altri sono tutti anziani del villaggio che usano pranzare all’osteria. Li si sente discutere in dialetto dei più svariati argomenti.

Usciti da Monzano affrontiamo un tratto veramente bello del cammino che ci porta dapprima in una zona di castagni. Qui queste piante sono molto diffuse perché una volta la farina di castagne era un sostituto valido della farina di mais o grano. Il sentiero continua a salire verso un monte con una terribile antennona, poi di nuovo discende alla località Croci, all’altezza di un parco eolico e di nuovo risale verso la ns destinazione che è Madonna dei fornelli. Questo è un paesino che probabilmente è tornato a vivere solo grazie al passaggio della via degli dei che qui ha una sosta molto frequentata.

Dopo vari tentativi di trovare un ristorante tipico siamo obbligati a mangiare nel ristorante del ns albergo, classico albergone anni ‘60. Nel gruppo io sono quella che ha rivalutato questo posto perché ha un sacco di pregi, anche se datato. Oggi con la cucina però non ci abbiamo azzeccato tanto, quindi a cena ci organizziamo per prenotare per i giorni successivi presso alcuni ristoranti interessanti.

Questa mattina abbiamo stabilito che Damiano è il ns maschio alfa perché ci apre le confetture al mattino a colazione. Invece Carlotta è la ns referente portale. Abbiamo una app che ci serve per seguire bene il percorso quando è un po’ incerto, anche se in genere è ben segnalato. Questa app, in alcuni punti significativi del cammino definiti portale, fornisce alcune informazioni storico- culturali su quel luogo. Noi però, quando Carlotta urla “il portale, il portale”, pensiamo sempre che all’improvviso si apra una porta che ci conduce in un’altra dimensione spazio temporale.



3 giorno: Madonna dei fornelli - Passo della Futa 15,5 km - dislivello +660
Iniziamo col dire che il ns maschio alfa questa mattina è diventato maschio omega: gli fa male un mignolino, non ha dormito parte della notte, alterna il raffreddore allergico a quello normale, insomma una chiavica… 
inoltre dobbiamo spiegare perché si chiama Madonna dei fornelli. Sembra che qui in passato ci fossero carbonai che facevano, appunto, il carbone. Ma ora partiamo.
Oggi è giornata scialla dopo la tappa di ieri, quindi colazione e partenza con calma…
Usciti dal paese si inizia a salire ma, come tutto il cammino, sarà un sali-scendi che, dopo poco più di 6 km ci porta ad un cippo che segna il confine tra Emilia e Toscana. 


Qui il paesaggio cambia e, tranne alcuni pezzi con conifere, il resto è tutta una immensa e bellissima faggeta, costellata da chiazze gialle di primule presenti in quantità industriale. 
Subito dopo il confine, in località Capannone, troviamo un signore che vende prodotti di prima necessità per viandanti. Compro una mela. 



In seguito, dopo una ennesima risalita, arriviamo al punto più alto dell’intera via degli dei, in località Banditacce a quota 1204. Qui c’è una campanella che la nostra ‘donna portale’ prontamente suona.


La tappa di oggi incrocia in più punti la via Flaminia Militare (di cui vi ho già parlato). Aggiungo però che è stata scoperta nel 1979 da due archeologi dilettanti. Nella foto qui sotto si intravedono i basolati romani sotto di noi.


Il pezzo toscano della tappa attraversa un territorio per nulla antropizzato e molto lontano da strade e in effetti la differenza rispetto al tratto emiliano si vede. L’unico neo è il passaggio di alcune moto-cross.
Quando ci avviciniamo al Passo della Futa, la nostra meta di oggi, si inizia a sentire un po’ di traffico e un po’ di moto ruggenti.



Raggiungiamo il nostro camping dove ci attende una bellissimo bungalow con una veranda che si affaccia sulla vallata. Non è proprio caldissimo ed è fornito solo di una stufetta microscopica.
Oggi il clima è a tratti assolato e a tratti nuvoloso, ma tendenzialmente freddo. E il freddo sarà il problema di questo soggiorno in bungalow.
Lasciato lo zaino, andiamo a visitare un cimitero tedesco a mezzo km dal campeggio. Questo è il più grande dei tanti cimiteri militari tedeschi costruiti in Italia negli anni ‘60. Questo sito si trova in territorio tedesco e c’è un reparto apposito che si occupa della manutenzione e che proviene ogni volta dalla Germania. È posto in una posizione bellissima davanti alla vallata e si conclude in cima con un monumento fatto a forma di guglia. Sono sepolti 30683 soldati, morti tra il ‘44 e il ‘45 sull’Appennino e recuperati successivamente dalle sepolture provvisorie sparse nella zona. Qui del resto siamo anche nella zona della Linea Gotica, l’ultimo tentativo dell’esercito tedesco di fermare gli alleati che arrivavano da sud, obbligando forzatamente le popolazioni locali a collaborare.
Nei volantini presenti in loco si legge l’intento di questi monumenti di essere un punto di partenza per la riconciliazione e l’amicizia tra popoli un tempo nemici.


Stasera ci aspetta la prima delle cene con cui dobbiamo recuperare la cucina un po’ approssimativa di ieri. Ma siamo in Toscana e quindi il menù cambia.
Per quanto mi riguarda l’esperienza della ristorazione toscana è stata pessima e non mi ha riconciliato per nulla. È quasi tutto esclusivamente carnivoro e la cameriera, invece di propormi qualcosa di alternativo, mi dice in maniera sbrigativa: spaghetti al pomodoro. Come direbbe una mia collega di inglese: bad vibes!

4 tappa: Passo della Futa- San Piero a Sieve km. 25,5 - dislivello +400 -1100 mt
La tappa di oggi si rivela più lunga di quanto ci aspettassimo. La maggior parte dell’itinerario si svolge dentro una faggeta infinita, bella ma dopo un po’ sempre uguale. Il meteo continua ad essere incerto e soprattutto ad essere caratterizzato dal freddo che ci seguirà fino a quando quasi non giungeremo alla meta. Sul sentiero alcune pietre con articoli della ns Costituzione.



Oggi i ragazzi sono tanti sul percorso e crediamo che buona parte giungerà a Firenze già domani.
Ad un certo punto ci fermiamo e ci dedichiamo al ns pranzo di Pasqua, costituito da (nel mio caso) il solito panino con mozzarella e pomodoro, da una piccola colomba e da un coniglietto di cioccolato della Lindt. Riprendiamo a camminare…


Dopo ancora un po’ di bosco finalmente se ne esce e ci si apre davanti un classico paesaggio toscano. Siamo nella zona del Mugello e si sente spesso rumore di motori sullo sfondo. Evitiamo il paese di Sant’Agata e facciamo gli ultimi 4 km su asfalto, attraverso però campi dai colori verdi più disparati e filari di cipressi sparsi qua e là. È un paesaggio veramente bucolico.


A San Piero ci accoglie Cosimo che gestisce il ns b&b. Personaggio interessante oltre che girovago del mondo. Ci racconta che questo è sempre stato il territorio dei Medici e infatti, sulla collina che sovrasta il paese, c’è una loro roccaforte, in restauro.
A cena finalmente ho modo di riconciliarmi con la cucina toscana. Primo, perché le cameriere cono gentili. Secondo, perché posso finalmente mangiare un piatto decente senza carne, in particolare i ravioli mugellesi ripieni di patate, prezzemolo e altro.
Dopo cena, davanti a una bella tisana, programmiamo gli ultimi due giorni, visto che il b&b di domani ci porta necessariamente un poco fuori dal cammino e quindi poi dobbiamo rientrare senza fare km inutili o troppo asfalto.

5 tappa: San Piero a Sieve- Bivigliano (Viliari) km. 21, dislivello +850
Dopo colazione salutiamo Cosimo; nel frattempo abbiamo scoperto che da ragazzo ha fatto l’attore in alcuni film e poi si è dato al teatro.
Uscendo da San Piero, mentre allestiscono un mercato dell’antiquariato e recuperiamo un panino per la pausa pranzo, iniziamo a salire e costeggiamo la fortezza medicea in fase di restauro da tempo. Dopo un’oretta ne raggiungiamo un’altra, meglio conservata, con un bellissimo torrione, il Trebbio.



Davanti abbiamo la bellissima vallata con il nostro sentiero che risalta con la sua striscia ocra.
Poco dopo troviamo una tenerissima bambina con la sua nonnina che con il suo blocchetto chiede ai viandanti da quale paese provengono.
Ecco l’ultima salita del nostro cammino (poi scopriremo che non è affatto così…) che ci porta sul monte Senario dove si trova un bel convento. Qui più o meno tutti facciamo la pausa pranzo e anche qualcuno venuto in auto per la Pasquetta. Non si vede però nessuna griglia nei dintorni.
Dopo aver preso il liquore fatto dai monaci di questo convento, usciamo dal sentiero perché dobbiamo raggiungere Bivigliano nella località di Viliani, dove c’è il nostro b&b di Massimo. È posto in una bella posizione assolata tutto il pomeriggio e noi, essendo arrivati presto, ne approfittiamo per scaldarci un attimo. In questi giorni il vento freddo ci ha sempre inseguito, anche con il sole, e le innumerevoli pause fatte durante il cammino erano per lo più dovute al mettere/togliere indumenti.
Stasera siamo a cena da Massimo e Caterina, la moglie. Abbondante è sicuramente l’aggettivo che più si adatta a questa esperienza e questa coppia sono due ospiti generosi. Del resto gestiscono un bar da 20 anni. Usciamo dalla cena contenti ma abbastanza provati…
Una nota da segnalare è la mission che Damiano si è dato di raccogliere le cartacce che trova sul sentiero. Gli fa ovviamente onore e recupera così la sua posizione di maschio alfa!
Oggi è stata decisamente una bella tappa, piena di Toscana con i suoi verdi, le sue colline, i suoi cipressi, i suoi casali meravigliosi. E ovviamente i suoi viandanti!
Nel frattempo abbiamo risolto la questione itinerario e domani rientreremo nel sentiero senza grandi deviazioni. 



6 tappa: Bivigliano- Fiesole- Firenze (21 km, dislivello +400 mt)
Lasciamo il nostro ospite con due note gravemente negative. Le lenzuola dei letti sono fatti di materiale sintetico… terribile… la colazione è costituita da brioche e succhi di frutta che ci aveva lasciato il giorno prima e che noi, inconsapevolmente, avevamo preso come merenda. Alla sera cerca di rimediare dandoci di nuovo delle briosche, quindi la colazione manca di caffè, te’, ecc. inoltre il bar vicino a casa oggi ha deciso di chiudere. partiamo già male…
Dopo un km e mezzo circa ci ricongiungiamo con la via degli dei. La prima tappa intermedia è la vetta delle croci a 516 mt., che non è una vera e propria vetta. Per arrivare al punto più alto di oggi dobbiamo salire ancora di circa 250 mt. Già da un po’ però il sentiero è uscito da un bellissimo bosco ed è sbucato su una radura e la vista si apre prima su Fiesole e poi su Firenze. Si vede già il cupolone (come lo chiama Damiano) di Brunelleschi. Peccato che la giornata non è limpida come ieri. 



A questo punto il sentiero inizia veramente a scendere e questa volta per sempre. Dopo un po’ arriviamo all’asfalto e ormai è chiaro che stiamo rientrando nella civiltà. 



Ecco Fiesole, bellissima città che sovrasta Firenze con una bella piazzetta dominata da una torre.
È giusto l’ora di pranzo e quindi entriamo in una trattoria molto pittoresca dove finalmente io mi concilio col cibo e faccio un pranzo degno di questo nome dopo una settimana di deprivazioni e noia (leggi: panini solo con mozzarella e pomodoro e piatti di spaghetti e pomodoro).
Ormai da ieri abbiamo deciso che il nostro cammino si conclude a Fiesole (del resto alcuni lo fanno finire proprio qui). Vogliamo risparmiarci i 10 km di asfalto che separano questa città da Firenze, così possiamo goderci un po’ del capoluogo toscano anche se ormai è impraticabile, tanti sono i turisti che la affollano. Vediamo da fuori il Duomo (x entrare c’è una coda pazzesca), passiamo sul ponte vecchio e andiamo a Palazzo Vecchio a fare l’ultimo timbro di cammino concluso e a ritirare il gadget omaggio, una locandina della via degli dei, molto semplice…
Per arrivare all’ora del treno ci imbuchiamo al mercato centrale, vicino alla stazione FS. Ricorda molto quello di Milano. La costruzione del vecchio mercato è stata riutilizzata per mettere bar e ristoranti di vario tipo. Un posto molto vivace.




Arrivati a Bologna e recuperata l’auto, scopro che avevo dimenticato gli occhiali sul sedile, quindi ho guadagnato un paio di occhiali nuovi…
Nel viaggio di ritorno ci divertiamo a votare i nostri ristoranti e bed&breakfast preferiti.
Ma ovviamente il pensiero corre a quello che sarà il nostro prossimo cammino…