lunedì 30 agosto 2021

Favignana e Sicilia 2021




Come si suol dire: squadra che vince non si cambia. E così anche quest’anno, dopo l’esperienza dell’estate scorsa a Capraia, io, Emilia, Massi e Cri ci siamo dedicati al mare e abbiamo scelto la Sicilia, in particolare Favignana, quindi ancora isole. Prima e dopo abbiamo però aggiunto delle brevi parentesi di turismo, concentrate su Trapani e i dintorni.



Al primo pranzo sul mare la compagnia si deve sorbire il mio (però) unico “pippotto storico” in generale sulla storia della Sicilia, a partire dagli Elimi e dai Fenici per arrivare ai greci, ai romani, ai saraceni, ai normanni, agli angioini, agli Aragona, agli spagnoli, ai Borboni fino infine all’Italia post-unitaria, i briganti, la nascita della mafia e la regione autonoma. Giorni dopo, in località Cinisi e Capaci, il cerchio si chiude con Peppino Impastato e le stragi mafiose. Insomma un miscuglio di culture e storie veramente unico.
Dopo aver visto il centro di Trapani (abbastanza velocemente visto che sarà la nostra base per tre giorni almeno) ci dedichiamo a Erice, borgo medievale collocato su una collina esattamente sopra Trapani. Posto a circa 750 metri s.l.m. è quasi sempre avvolto nelle nuvole. Noi invece siamo fortunati e lo visitiamo con un sole splendido.



Erice 

Da segnalare: il Real duomo, bellissima chiesa iniziata attorno al 1300 e poi rimaneggiata nei secoli successivi fino a metà ottocento; la torre con una bellissima vista sulla vallata. Qui per la prima volta ci chiedono il green pass. La storica pasticceria di Maria Grammatico dove conosciamo e ovviamente mangiamo le genovesi ancora calde. La funivia che porta alla sommità del colle, pezzo di montagna a livello del mare.








 Stabilimento Florio - Favignana 

La storia di Favignana è indissolubilmente legata a quella della famiglia Florio. Trasferiti a Palermo dalla Calabria nell’800 dopo un violento terremoto, aprono in città una drogheria che, dopo enormi sacrifici e nonostante la diffidenza della città verso degli estranei, porterà questa famiglia a diventare il miglior esempio di creatività e coraggio imprenditoriale non solo del sud ma dell’Italia intera. Questa famiglia creò un impero economico che coinvolse le tonnare (tra i primi a mettere il tonno  sott’olio), il vino Marsala (allora venduto e bevuto soprattutto in Inghilterra), la principale compagnia di navigazione italiana, lo zolfo, una fonderia e molte altre attività economiche. Nel giro di cento anni circa questa famiglia passò dal comprare case e yacht nel Mediterraneo, vestire dai sarti parigini e londinesi, comprare gioielli da Cartier, andare in vacanza in Svizzera o sulla Costa Azzurra, favorire unioni matrimoniali con donne nobili per eliminare l’immagine di borghesi arricchiti, frequentare case reali ma anche il Parlamento italiano, finanziare i più importanti teatri di Palermo ad una parabola discendente che la vide costretta a svendere tutto il suo patrimonio, oltre a perdere uno alla volta tutti i discendenti maschi e a vedere quindi svanire il cognome Florio. 

Per chi vuole leggere l’avvincente storia di questa famiglia consiglio i due libri di Stefania Auci: “I leoni di Sicilia” (uscito e letto l’anno scorso) e “L’inverno dei leoni” (letto durante queste vacanze).



A Favignana è rimasto il palazzo antistante il porto, fatto costruire da Ignazio, quello che probabilmente diede più splendore alla famiglia (tanto che nel 1874 comprò le tre isole Egadi al prezzo di due milioni e 700mila lire), e lo stabilimento Florio, dove veniva inscatolato il tonno ottenuto dalla famosa tonnara di Favignana, uno dei primi investimenti del padre Vincenzo, che intensificò con successo alcune tonnare della Sicilia, facendo sua una tradizione araba. Fu invece Ignazio jr (figlio di Ignazio) a determinare la caduta dell’impero economico, a causa di cattivi investimenti. Una guida molto preparata ci spiega la storia dei Florio, il procedimento seguito dagli operai in fabbrica per preparare il tonno in scatola e la strategia che i tonnaroti, comandati dal Rais (non a caso nome di derivazione araba), mettevano in atto per catturare i tonni che entravano nel Mediterraneo per riprodursi, allo scopo di portarli fin dentro la camera della morte durante la famigerata mattanza, l’ultima nel 2005.




Saline  di Trapani

Inevitabile a Trapani la visita al museo del Sale, dove una fantastica e simpatica guida ci illustra il legame tra la gente e il sale, anche se un tempo qui era una attività molto più remunerativa e praticata che adesso. La concorrenza è forte e spesso questo sale, tra i migliori sul mercato (soprattutto se integrale quindi poco o per niente trattato), va a finire sulle strade in inverno quando c’è il rischio ghiaccio. Tristezza…

Interessante il sistema di vasche comunicanti che un po’ alla volte fa diminuire la quantità d’acqua e aumentare la concentrazione di sale fino all’evaporazione completa e alla raccolta.

In questa impresa familiare i tre figli (e così i figli dei figli) si sono divisi nel tempo i ruoli: uno si occupa del museo, uno del ristorante e uno della raccolta del sale.






Favignana e Marettimo
Da segnalare. Le innumerevoli calette visitate in una settimana (faraglioni, rossa, azzurra, rotonda, bue marino, punta larga, grotta perciata). Quasi tutte inevitabilmente rocciose, non sempre facilissime da raggiungere, sicuramente necessitano un mezzo di locomozione (con un po’ di sforzo basta la bici muscolare). Le cave di tufo, la pietra che caratterizza l’isola; perché qui tutto è fatto di tufo ed è inevitabile trovare in giro per l’isola il terreno scavato delle cave. Aperitivi al tramonto. Giornata a Marettimo, con giro in barca dell’isola e visita alle principali grotte. Come guida e pilota un ragazzo di 24 anni che ha deciso di non abbandonare l’isola; d’estate lavora coi turisti, il resto dell’anno fa il pescatore.






Riserva dello Zingaro

Avendo qualche giorno da spendere in zona Trapani ci dirigiamo verso la tanto rinomata riserva dello Zingaro. È una riserva naturale orientata nata nel 1981. Tra i due accessi, decidiamo di arrivare dalla parte di Scopello piuttosto che da San Vito Lo Capo, che comunque andiamo a visitare dopo. La riserva presenta sentieri (e quindi calette) molto interessanti ma fa troppo caldo x camminare con questa canicola, quindi ci fermiamo alla prima caletta e va bene così. Mentre San Vito è decisamente un paese turistico, con spiaggia, ombrelloni, negozi di souvenir e tanta gente, Scopello è invece un borgo molto carino costruito attorno ad un baglio del ‘700.


Selinunte

Selinunte è stata una delle scelte più azzeccate di questi giorni di turismo. È vero, la visita è accompagnata da un gran caldo ma questo è uno dei siti archeologici più importanti d’Italia. Quindi oggi, invece di camminare, usiamo il trenino interno all’area archeologica ma almeno possiamo visitarla in lungo e in largo anche se non tutto è accessibile. I resti notevoli di questa antica città, prima alleata e poi distrutta dai Cartaginesi nel 409 a.C., che è arrivata ad avere fino a centomila abitanti, sono collocati su un promontorio che si affaccia sul mare. Ora rimangono alcuni templi che lasciano intuire quanto fosse gloriosa questa città. Un museo raccoglie alcuni dei reperti trovati durante gli scavi, ancora attivi. Essendo ancora attivo il biglietto, alla sera torniamo per una visita notturna. Pur essendo un museo all’aperto, green pass necessario.









Scopello 



















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