Quest’anno siamo stati un po’ indecisi sull’isola da scegliere e abbiamo anche deciso all’ultimo momento ma decisamente non è stata una scelta affrettata. Io sono stata sicuramente influenzata da Nadia e Grillo che qui stanno costruendo il loro buen retiro. E quindi Pantelleria sia!
Siamo in un’isola che è chiamata la perla nera perché di origine vulcanica. Su questo territorio si combinano il nero della roccia, il blu/verde del mare e tutta la varietà del verde della vegetazione (per lo più vigne, ulivi e capperi), talmente a filo del terreno che i colori sembrano mischiarsi.
Siamo ad un passo dall’Africa. La Tunisia dista 67 km, la Sicilia 85. Dalla nostra casa, dove il nostra è riferito a me, Emilia, Massimo e Cristian, si intravede al tramonto un rilievo ma non abbiamo ancora la certezza che sia la costa tunisina. Per trascorrere questa settimana abbiamo ovviamente scelto un dammuso, la classica abitazione pantesca (cioè di Pantelleria…lo dico perché io non l’ho capito subito…), orientata verso ovest in modo da avere il tramonto davanti. La terrazza è il nostro luogo privilegiato per l’aperitivo e le grigliate di pesce.
I dammusi, forse derivante dalla parola latina domus (casa) o forse da una parola araba, hanno tutti i soffitti a cupola per deviare la pioggia verso una cisterna interrata e sono colorati di bianco. Sono costruiti anche per favorire l’isolamento termico ma devo dire che il nostro diventa fresco solo grazie all’aria condizionata…
Anche quest’anno la sabbia è un miraggio. Essendo di origine vulcanica le spiagge sono tutte rocciose e quindi poco “comode”. Però non c’è la folla che c’era l’anno scorso a Favignana e quindi trovare uno spazio davanti al mare e a volte anche in ombra non è poi così complicato. Inutile dire che in mancanza di sabbia i fondali sono limpidi, spettacolari, anche profondi e pieni di pesci. Non è strano nuotare in mezzo ad un banco di pesci. Purtroppo a volte anche in mezzo alle meduse… fortunatamente questi simpatici esserini non sono tanto agili e non ti inseguono, però galleggiano a pelo dell’acqua e non sempre li vedi…
All’interno dell’isola ma a poca distanza dal mare c’è il lago di Venere, uno specchio d’acqua verde a forma di cuore dove abbiamo trovato rifugio un giorno che il mare era troppo mosso per il vento. È alimentato da acque termali (infatti l’acqua è tra i 50 e i 60 gradi); un tempo era una caldera vulcanica. I suoi fanghi hanno un’alta concentrazione di zolfo e questo ci permette di essere più belli a fine giornata!
In alcune zone del mare, nuotando vicino a riva, si trovano dei buchi da cui esce acqua calda termale. Le acque termali sono una costante di questa isola è non è strano trovare sparse qua e là delle vasche di acqua calda scavate nella roccia.
L’isola è piuttosto grande, le spiagge sono molte e i luoghi da visitare sparsi qua e là. Il mezzo usato quest’anno per spostarci è lo scooter e questo ci permette di visitare tutte o quasi le principali spiagge che hanno l’accesso da terra, non sempre in maniera proprio confortevole ma questo è il bello di queste isole. Qua e là troviamo aree dismesse o abbandonate, come Punta Spadillo dove c’è un faro diroccato ma che la sera incredibilmente funziona. A parte i dammusi, abitati o affittati, non tutto è manutenuto a dovere. Anche lo stesso paese di Pantelleria ha una edilizia molto sciatta, senza lo stile che dovrebbe avere un paese che si affaccia sul Mediterraneo, su un’isola che ha una storia che risale a 5000 anni fa. Gli alberghi sono pochi fortunatamente e il grosso del turismo credo si appoggi alle case private.
Visto che questa è l’isola del Passito e dello Zibibbo, una sera ci dedichiamo ad una degustazione di vini, nella cantina di Donnafugata. Abbiamo scelto una cantina non di nicchia (per intenderci, questi vini si trovano anche all’esselunga) ma abbiamo avuto la fortuna di avere una bravissima guida enologa che è stato il valore aggiunto ai 4 vini che abbiamo assaggiato. La coltivazione dei vigneti viene chiamata eroica perché la pianta resiste a queste temperature e al vento costante, grazie al fatto che si trova al livello del terreno e la vigna è addirittura piantata un po’ sotto il livello del terreno, perché si fermi la condensa della notte, visto che non può mai essere bagnata. Qui l’acqua è un bene preziosissimo.
In una delle nostre perlustrazioni in giro per grotte calde/fredde abbiamo scoperto i giardini panteschi, delle costruzioni rotonde fatte di sassi di pietra lavica, dentro i quali gli arabi piantavano soprattutto agrumeti perché i sassi tenevano fuori il caldo, creando al loro interno un microclima favorevole. Una sera abbiamo cenato in un ristorante posizionato in un giardino pantesco. Esperienza mistica… anche e soprattutto per il cibo.
Il prodotto storico di Pantelleria è il cappero. Ci sono piante di capperi ovunque. Andiamo a visitare uno dei capperifici più famosi dell’isola, soprattutto per la caratteristica della sua coltivazione, posizionata in una delle zone più belle, su dei terrazzamenti a forma di anfiteatro.
Come ogni anno una giornata è dedicata ad un giro in barca, per raggiungere quelle calette accessibili solo dal mare. Quest’anno siamo coi nostri vicini di casa, due ragazzi di Padova, Gianmarco e Sebastiano, di cui uno ha la patente nautica ed è solito navigare e pescare nella laguna di Venezia. Gli lasciamo ben contenti il timone del natante e lo avvisiamo che io ed Emilia abbiamo qualche problema di mal di mare… ma grazie a quella cosa fantastica che si chiama prevenzione (vedi: assumere pastiglia), io ed Emi passiamo ben 9 ore in barca senza effetti collaterali!
Archiviamo anche quest’anno la nostra settimana su un’isola del mediterraneo. Ho sorvolato sul fatto che questa settimana di mare è stata anche e soprattutto una esperienza culinaria. Abbiamo ritrovato il pane cunzato che avevamo conosciuto a Trapani; sostituito il cannolo con il bacio pantesco; apprezzato che certi cibi, con l’aggiunta del cappero, acquistano un plus; capito che l’unione di diversità, come la Sciakisciuka o caponata pantesca di origine tunisina, comporta sempre un guadagno.
Un sogno! Splendido racconto, come sempre.
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