sabato 24 agosto 2024

Trekking Friuli 23-26 agosto 2024



Venerdì 23 agosto

Questa estate è destino che le mie vacanze vengano fatte nelle zone della prima guerra mondiale. Dopo la settimana in Dolomiti il trekking di fine agosto del Cai Varese si orienta verso le Alpi Carniche in Friuli-Venezia-Giulia, sopra Sappada, comune che fino al 2017 era in Veneto; dopo un referendum è entrato nella provincia di Udine. 

Siamo un gruppo di 21 persone del Cai Varese. Il capo gita, organizzatore di questo giro, è Federico Piatti. Lo scrivo primo perché non è un trekking organizzato da me e secondo perché so che lui ci tiene a essere citato su questo blog…

Essendo la meta finale molto lontana da Varese, abbiamo deciso di fare alcune tappe intermedie. La prima è l’autogrill Bauli in autostrada, all’altezza di Verona, dove ho modo di gustarmi un dolce della nota casa di dolci, il minutino. Consigliato.

La seconda tappa è Vittorio Veneto, dove abbiamo modo di visitare il museo della battaglia, cioè il museo che ricorda la battaglia di Vittorio Veneto, l’ultimo scontro tra Italia e Impero austroungarico prima della fine della prima guerra mondiale, nel 1918. I primi due piani del museo sono di moderna concezione, con molti reperti ma anche molti filmati e testimonianze. Il terzo piano invece è un avanzo del museo fatto negli anni trenta. Comunque interessante.


La terza tappa è Longarone e la diga del Vajont. Inutile dire che guardare la diga vuota e il pendio del fiume Toc colpisce. Però mi ha ugualmente stupito l’idea che si possa costruire una forma di turismo (visite organizzate con guide, ad es) attorno ad una tragedia come quella del Vajont, mi lascia perplessa. Che tipo di turismo è? Ha senso in questo caso il turismo della memoria (non so se esiste questo termine, mi è venuto in mente adesso)? Io sono andata due volte ad Auschwitz, ho ammirato lo spettacolo di Paolini sulla tragedia del Vajont. Un luogo della memoria dovrebbe essere un luogo che ha cambiato quello che siamo adesso. Molti luoghi hanno assunto questa funzione. Vale anche per il Vajont? Sicuramente è stato un evento simbolico che ha lasciato il segno nell’Italia del boom economico del 1963. Non voglio che capiate male. Non nego che questa sia una tragedia che è necessario ricordare e così tutte le circa 2000 vittime. Visitarla però mi ha lasciato stranita…

Ho trovato una riflessione interessante in un articolo che mi ha mandato Piera (peraltro presente al trekking). Questo articolo parla di (trascrivo) “quello sbarramento grigio-ocra, che, oltre ad aver strappato la vita a 2018 persone, simboleggia la tracotanza di un pensiero che, in nome del progresso, rade al suolo paesaggi e società. Impone dall’esterno, omologa senza preoccuparsi delle peculiarità locali”. L’articolo parla anche della giornalista Tina Merlin che (trascrivo ancora): “forse l’unica, ha avuto la forza di combattere contro la costruzione della diga; contro un sistema prepotente…”. 




L’ultima tappa è finalmente il parcheggio a 1850 metri, sottostante il Rifugio Calvi (2164 metri), vicino alle sorgenti del Piave.


Con un’ora di cammino raggiungiamo l’edificio, posto in una posizione molto bella e circondato dalle cime che faremo nei prossimi giorni. Il tempo di sistemarsi in camera ed è ora di cena.

Sabato 24 agosto

Dopo esserci consultati con il rifugista, oggi decidiamo prima di dedicarci al Monte Avanza (mt. 2489) che raggiungeremo a piedi. Il percorso prevede una serie di saliscendi e di scollinamenti, con alcune parti di sentiero un po’ esposto e in alcuni tratti molto scivoloso, ma niente di tragico.


Saliti in cima arrivano le nuvole e ci tolgono la visuale sulla vallata, che probabilmente è stupenda.


Scesi di nuovo al passo cacciatori decidiamo che abbiamo anche le energie per affrontare la ferrata del Monte Chiadenis (mt. 2459) o ferrata del Cai Portogruaro. Saliremo  dalla ferrata conosciuta anche come Via di Guerra o ferrata delle Trincee. La salita non è per nulla banale e richiede attenzione, anche se non è particolarmente esposta (la foto qui sotto fa immaginare peggio). La via di discesa è ugualmente una ferrata, e quindi bisogna disarrampicare. È molto lunga e alla fine la giornata è stata molto impegnativa  a livello fisico; arriviamo al rifugio tutti abbastanza stanchi.



Domenica 25 agosto

L’obiettivo di oggi è il monte Peralba a 2694 mt., una della cime che contornano il rifugio Calvi. Dopo un tratto di avvicinamento, approcciamo la ferrata Sartor che ci porterà quasi in cima. Non è una ferrata molto lunga, mediamente impegnativa; non ha tratti particolarmente esposti ed è più aperta rispetto a quella di ieri, che aveva qualche canalino in cui ci si incastrava facilmente.


Usciti dalla ferrata ci sono circa 200 metri per arrivare alla cima, tutto su pietraia, che io trovo faticosissimo fare… in cima ci sono ben due croci e la Madonna, perché nel 1988 qui salì Papa Giovanni Paolo II. Infatti è conosciuto come il sentiero del Papa. C’è anche una campana che suoni quando arrivi. 


La discesa è la parte più divertente… per modo di dire, perché la discesa è quasi più faticosa della salita, e forse anche più pericolosa. Guardando dal basso, il canale da dove siamo scesi fa abbastanza impressione. Usciti da quel sentiero raggiungiamo una caserma abbandonata, probabilmente della finanza, che si trova sotto una cima minore che raggiungiamo in 10 minuti, la cima del monte Oregone (mt. 2385).

Dall’altra parte della vallata c’è l’Austria e sotto la caserma c’è il cippo del confine. Ad un certo punto del sentiero raggiungiamo un punto che interseca tutti e tre i confini: friulano, Veneto e austriaco.

Un bel sentiero in costa ci riporta al rifugio. E anche oggi la giornata è stata molto fruttuosa e soprattutto, a differenza di ieri, il meteo ci ha permesso di vedere tutto il bellissimo ambiente circostante.

Lunedì 26 agosto

Oggi è il giorno del rientro. Partiamo dal rifugio con calma ma non tardi perché abbiamo tanta strada da fare e prima abbiamo un paio di tappe da fare.

Salutiamo i rifugisti che ci hanno coccolato per tre giorni, soprattutto i cuochi, che hanno cucinato molto bene e molto abbondante, e la nonna, cioè la prima di tre generazioni che hanno gestito il rifugio nel corso del tempo, tanto che le giovani cameriere la chiamano nonna anche se non sono le nipoti.


Prima di arrivare al parcheggio facciamo una piccola deviazione che ci porta alle sorgenti del Piave, anche se ieri sera abbiamo scoperto dalla nonna che il Piave sgorga dalla roccia in prossimità del rifugio e l’acqua che abbiamo usato e bevuto in questi tre giorni è il Piave. Visitiamo comunque la sorgente ufficiale, giusto perché questo è il fiume sacro alla patria, teatro dell’offensiva finale del regio esercito contro gli austriaci nel 1918.


Raggiunte le macchine scendiamo verso l’abitato di Sappada. In particolare visitiamo la parte antica del paese, con le tipiche case arricchite di decorazioni di legno, affreschi, fiori, ecc.; ma qui il nostro obiettivo è anche fare shopping nella latteria di Sappada, dove compriamo formaggi e salumi tipici della zona.

Prima di andarcene da Sappada l’equipaggio della mia auto (cioè quella di Elio) decide di visitare il piccolo museo della Grande Guerra, una piccola stanza con alcuni dei tanti reperti recuperati dopo la fine della guerra tra le montagne.



Sulla via del ritorno decidiamo di sostare per pranzo in zona, giusto per fare l’ultimo pasto tipico della vacanza… Invece capitiamo in una zona industriale all’interno di una mensa aziendale frequentata dai dipendenti delle fabbriche della zona. La cosa più tipica che hanno è la birra di Udine… non proprio una degna conclusione di questa bellissima esperienza che ci ha visto visitare una zona a noi sconosciuta, salire su montagne molto dolomitiche ma senza tutti gli svantaggi delle Dolomiti.







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